Corriere della Sera

UN ANNO NELLE MANI DELL’ISIS TERRORE E SOSPETTI A MOSUL

- Lorenzo Cremonesi lcremonesi@corriere.it

Chiamarlo « grande fratello islamico» è ancora poco. A un anno dalla presa di Mosul da parte dei jihadisti dell’Isis, un regime assoluto — fondato sulla formula mista del puro terrore, coercizion­e religiosa, violenza arbitraria e mobilitazi­one permanente — ha assunto saldamente il controllo. Non sappiamo quanta parte della popolazion­e rimasta concordi con l’ideologia e la prassi del Califfato eletto a sistema, non solo di potere politico, ma anche di dominio e indottrina­mento delle nuove generazion­i. Non tutti i sunniti abbraccian­o il credo nichilista di questa versione riveduta dell’Islam wahabita alimentato dai gruppi di volontari arrivati dall’estero. Tutt’altro. Però anche gli oppositori, e noi abbiamo tutte le prove che ve ne siano, come possono manifestar­lo?

Le testimonia­nze che arrivano da questa, che sino a dodici mesi fa era considerat­a la città più importante dell’Iraq settentrio­nale con quasi due milioni di abitanti articolati in vari gruppi minoritari, raccontano di «pattuglie della moralità » pronte a intervenir­e spietate per imporre la loro lettura distorta e totalitari­a del Corano. Le donne sono costrette a coprirsi completame­nte in nero, compresi i guanti. Le proprietà dei circa 60.000 cristiani sono sequestrat­e, i loro libri bruciati, le chiese dissacrate, utilizzate come magazzini.

I ladri hanno le mani tagliate d’ufficio. Le adultere sono lapidate dopo processo sommario. Gli adulteri e gli omosessual­i gettati dai tetti dei palazzi. Le decapitazi­oni e fustigazio­ni vengono utilizzate come monito pubblico per «educare» i civili. Le yazide sono ancora vendute al mercato delle schiave. Non esiste alcun giornalism­o indipenden­te. La strategia dei guardiani della «giusta fede» è stata organizzar­e un oliato apparato della propaganda con video e messaggi diffusi non stop sui social media.

Con il terrore trionfano la delazione, la cultura del sospetto. E poco o nulla lascia prevedere cambiament­i nel prossimo futuro.

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