Chef, designer e paesaggisti rilanciano l’Italia creativa
«Grazie a nuove tecnologie e al traino di Expo 2015 le imprese del settore incrementano i fatturati»
di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, «l’Italia avrà un futuro alla sua altezza solo se punta sui talenti che il mondo le riconosce, se rinnova le sue tradizioni col linguaggio dell’innovazione e della green economy, se guarda all’estero tenendo salti i piedi sui territori, nelle comunità e nei distretti». Altre cifre, come spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola: «Le imprese del sistema produttivo culturale sono complessivamente 443.208, rappresentano il 7,3% del totale delle imprese nazionali e assicurano occupazione a 1,4 milioni di persone, ovvero il 5,9% degli occupati in Italia. Se si include il settore pubblico e non profit, arriviamo a 1,5 milioni di occupati, cioè al 6,3%.
E poi ci sono le ricadute occupazionali su altri settori, primo tra tutti come sempre il turismo, difficilmente misurabili ma che sono indiscutibili». Altre cifre che emergono dal rapporto. Chi ha avuto il coraggio e la lungimiranza di investire in creatività (con tutta evidenza, una delle nuove caratteristiche del Made in Italy culturale 2015) ha visto crescere il proprio fatturato del 3,2% nel 2014 rispetto al 2013. Chi non ha imboccato questa strada, ha visto calare il fatturato dello 0,9%.
Nella premessa al rapporto si parla anche di Expo 2015: «Tra gli scenari delle nuove tendenze non poteva mancare l’Expo, con importanti operazioni di sistema dell’industria culturale e creativa italiana, come il Panorama di Expo 2015 che, ispirandosi alle macchine ottiche pittoriche del ‘700, ma grazie a tecnologie immersive e droni, racconta quel legame tutto italiano tra natura, cultura e manifattura». Quindi il cibo collegato al paesaggio: «Una delle alleanze più cool dei nostri tempi è quella tra chi si occupa di cibo – in particolare gli chef – e i progettisti. Non solo designer ma soprattutto architetti, che disegnano il paesaggio insieme ai vinificatori, le città insieme a chi distribuisce e vende il cibo, lo spazio glamour insieme agli chef». Tutto questo per prevenire alla radice le critiche (prevedibili) di chi contesterà l’inserimento del settore «food» (per dirla all’anglosassone) nel comparto culturale. Dimenticando che ormai è impensabile una proposta culturale contemporanea italiana senza quell’immediato collegamento.
Il messaggio del rapporto è chiaro: «Cultura e creatività diffusa sono aspetti fondamentali, economici e sociali, nell’armamentario anti-crisi. Sono uno dei semi dell’innovazione e della crescita del tessuto economico, creano connessioni originali e inedite verso la manifattura. Connessioni, a ben vedere, implicite nella definizione di cultura tratteggiata più di mezzo secolo fa dai padri costituenti nell’articolo 9 della Costituzione, in cui paesaggio e patrimonio storico culturale vengono sposati a ricerca scientifica e tecnica». Approccio coraggioso. Ma affrontare il futuro impone coraggio.