Stadio del silenzio ma l’hooligan croato non scorda il passato
nome: sgozzando in pubblico un galletto prima d’affrontare il Tottenham, scatenandosi a Roma nel 2003, spaventando Genova nel 2007. Gl’italiani sono l’ultima fissa, quanto l’odiata Stella Rossa: «Uefa = mafia», hanno scritto sui muri del covo di Zrinsko Frankopawska. «Con la scusa del razzismo — commentano su Facebook —, l’Italia ci fa giocare a porte chiuse perché ha paura di noi».
Croazia e delizia, i nostri incontri non sono mai stati banali. Noi non li battiamo da settant’anni, loro ci sono riusciti tre volte. Entrambi sappiamo battere dove il dente dell’altro duole: il passato che non passa nemmeno se in palio c’è un pallone, altro che la Dalmazia. Noi, ignorantissimi delle sofferenze che infliggemmo da quelle parti: abbiamo barbari da trasferta che vanno ancora laggiù con l’effigie del Duce. Loro, negazionisti dei morti istriani e degli sfollati che patimmo: sventolano le immaginette di Pavelic, ogni volta infoibano il buon gusto. Da una gradinata di Zagabria cominciarono le guerre balcaniche e, venticinque anni dopo, è ancora il nazionalismo a nutrire la nazionale.
Ultrà Fumogeni e scontri nel settore dei tifosi croati allo stadio
di San Siro nel novembre
2014 per la qualificazione agli Europei
(Plp)
«La Croazia è condannata a convivere col vicino italiano», disse Scalfaro in una visita ufficiale. Convivenza d’affari: abbiamo spinto molto per avere Zagabria nell’Ue. Convivenza litigarella: quando Napolitano ricordò «il moto di odio» contro gl’italiani che qui «assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica», il presidente Mesic gli rispose dandogli del razzista. Convivenza sorvegliata: «Non saremo spettatori», ha avvertito qualche giorno fa Roma, guardando i dirimpettai che da mesi trivellano le falde petrolifere dell’Adriatico e spaventano i delfini. E se nella società croata resiste una «latente fascistizzazione», come sostiene il vecchio Giacomo Scotti, scrittore fiumano, il profumo dei (pochi) soldi via via si sente più di certe puzze novecentesche. «Copiamo Berlusconi!», esortava la destra negli anni Zero. Ora che gli eredi del nazionalismo hanno il bel viso d’una bionda presidentessa, i modelli un po’ sono cambiati: la Croazia è spaccata in due parti politiche, ricca di disoccupati e povera di ripresa proprio come noi, e non si fa mancare nemmeno il suo movimento anticasta o la sua destra xenofoba. Stiamo finendo per somigliarci: «Bel Paese frastornato da politici senza etica, con ideali spariti da tempo» (Zvonimir Boban). A Zagabria, sul monumento di San Giorgio, un tempo si mettevano le pagnotte e le immaginette contro la jella. Oggi ci trovi le pennarellate dei BBB e i lucchetti, neanche avessero Moccia.