Il governo pensa ai rimpatri
L’emergenza Tensione nelle stazioni. La Francia chiude i confini. Zaia: via i migranti dai luoghi turistici Il piano: aiuti ai Paesi d’origine. Perse le tracce di 50 mila profughi dopo lo sbarco
L’emergenza profughi si aggrava giorno dopo giorno. La Stazione Centrale di Milano e la Tiburtina a Roma ribollono, tra degrado e malattie. Di 50 mila profughi si sono perse le tracce dopo lo sbarco. Il governo Renzi prova ad arginare la marea di disperati che ha raggiunto l’Italia pensando a un piano di rimpatri corredato da aiuti ai Paesi d’origine.
ROMA Ha chiesto di incontrare un «gruppo di profughi», Papa Francesco: lo farà a Torino il prossimo 22 giugno. Un gesto molto simbolico. E ieri, parlando ai cappellani aeroportuali di mezzo mondo, ha invitato tutti a «predicare amore e dialogo nei luoghi di frontiera», esprimendo preoccupazione per «quei passeggeri senza documenti — spesso rifugiati e richiedenti asilo — che sono detenuti per brevi o lunghi periodi, a volte senza adeguata assistenza umana e spirituale...».
Parole che risuonano come un monito severo, dunque, in questi giorni di grandi polemiche e veleni legati all’emergenza profughi in Italia. Al Nord come al Sud, in molti, tra sindaci e governatori, preparano infatti le barricate. I presidenti di Veneto e Liguria, il leghista Luca Zaia e Giovanni Toti di Forza Italia, dopo il lumbard Maroni, hanno scritto ai prefetti per chiedere uno stop immediato all’accoglienza. Anche al Sud, il sindaco di Corigliano Calabro, Giuseppe Geraci, insieme a una decina di colleghi dell’Alto Jonio, hanno inviato una lettera al prefetto di Cosenza per chiedere di non essere lasciati soli davanti agli sbarchi, con l’incubo del crollo delle prenotazioni estive.
Luca Zaia ha invocato «lo sgombero con la massima urgenza di tutte le strutture ricettive e degli alloggi già occupati da immigrati nelle località turistiche» (Eraclea, Jesolo e non solo) e ha invitato i prefetti «a desistere dal procedere a nuove allocazioni», visto che i sindaci del territorio «vedono minacciato il buon esito della stagione». Anche Toti ha scritto alle prefetture: «Chiediamo la sospensione delle assegnazioni nei Comuni liguri in attesa che vengano adottate dal governo soluzioni e decisioni più eque, sostenibili e idonee».
Il governo, però, ha risposto a tono. Il premier Matteo Renzi, ieri a Milano, seduto giusto accanto al governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha detto che «oggi tanti abbaiano alla luna, vivono sulle paure e pensano che la soluzione sia chiudersi a chiave in casa, ma non è così...». E il presidente del Senato, Pietro Grasso, è stato ancora più esplicito: «I governatori possono atteggiarsi come vogliono, ma bisogna staccarsi un po’ dal momento elettorale...» (domani in molti Comuni ci sono i ballottaggi, ndr).
Di certo, l’emergenza giorno dopo giorno s’aggrava. I casi della Stazione Centrale a Milano e della Stazione Tiburtina a Roma sono emblematici. La Croce Rossa ieri ha rivolto un appello ai romani a «portare generi di prima necessità come pasta, sugo, biscotti, latte in polvere, omogeneizzati e prodotti per l’igiene personale per far fronte alla situazione» di centinaia di immigrati accampati in zona che vorrebbero soltanto proseguire il loro viaggio verso il Nord Europa. Come a Ventimiglia, dove la polizia francese è schierata sul confine per impedire ogni accesso ai profughi. E a Milano, dove ormai da giorni in 250 dormono tra i rifiuti e c’è preoccupazione per l’allarme scabbia e malaria.
Per contro ci sono ancora figure come don Giorgio Rizzieri e don Ruggero Camagni, cappellani rispettivamente a Fiumicino e Malpensa, ma anche il romano Antonio Del Greco e la milanese Giuseppina Petecca, che sono i dirigenti della Polaria nei due hub internazionali, che ogni giorno applicano concretamente l’appello del Papa «all’amore e al dialogo» nei luoghi di frontiera. «Niente celle per i clandestini — dice Del Greco —. L’aeroporto non è un albergo ma, tranne il letto, assicuriamo loro la massima assistenza».