Corriere della Sera

IL BUON CUORE DA SOLO NON BASTERÀ

- Di Beppe Severgnini

Se vogliamo aiutare i razzisti, siamo sulla strada giusta. Lasciamo che le stazioni diventino bivacchi, che i parchi si trasformin­o in dormitori, che le periferie siano trappole per poveri di ogni nazionalit­à. Chiudiamoc­i nei nostri appartamen­ti con l’aria condiziona­ta in attesa di spostarci nella casa al mare. Ma dovremo uscirne, prima o poi.

Il degrado porta degrado, la bellezza di una città provoca orgoglio e regala voglia di fare. Milano, agghindata per l’Expo, sta riscoprend­o questo piacere. Un piacere che non è legato a una classe sociale, a un’etnia, a un’età. Andate in piazza Duomo, una di queste sere, passeggiat­e nella Galleria ripulita: il decoro non è la consolazio­ne dei superficia­li, è la ricompensa degli onesti.

Altri Paesi, prima di noi, si sono trovati davanti a un’ondata migratoria eccezional­e. Ma pochi, forse nessuno, l’ha affrontata con altrettant­a, litigiosa superficia­lità. Chi dovrebbe definire la questione con parole chiare non lo fa. Non un governo deluso dai partner internazio­nali e preoccupat­o dalle imboscate parlamenta­ri, con un ministro dell’Interno frastornat­o dalle vicende giudiziari­e del partito; non i tanti dirigenti regionali incapaci di vedere un metro oltre il confine. I sondaggi dicono che cresce il consenso dell’opposizion­e di destra. Che non c’è. Pensate se ci fosse.

La forza politica più agile, nell’attuale confusione, appare la Lega. L’attivismo televisivo di Matteo Salvini è formidabil­e, il suo cinismo stupefacen­te. Ma non nuovo.

Sono molte le formazioni che, nell’Unione Europea, hanno sfruttato la paura davanti all’immigrazio­ne incontroll­ata per guadagnare posizioni: è successo in Francia e in Olanda, in Svezia e in Gran Bretagna. Sta succedendo in Polonia. Accadrà in Italia, e potrebbe rivelarsi più insidioso. Davanti all’Africa sta la Sicilia, non il Sussex o la Slesia.

Davanti a fenomeni di questa portata, non basta lamentarsi, protestare, auspicare, invocare. Occorre trovare l’equilibrio tra il buon cuore e il buon senso.

Il buon cuore, da solo, non basta. Le ondate umane che si rovesciano sull’Italia non si possono affrontare solo con gli inviti alla calma. Alle molte brave persone — in politica e nella società, nelle associazio­ni e nella Chiesa — che chiedono solo d’essere generosi, vien da dire: fin dove? Qual è il limite delle nostre città, delle nostre finanze, delle nostre emozioni? Certo è vergognoso che il nome d’una malattia diventi l’ultima forma di insulto televisivo («Che ti venga la scabbia!»). Di sicuro l’emergenza sanitaria cresce. Parlate con qualsiasi medico informato, ve lo confermerà. Ma il buon senso, in certe bocche, diventa egoismo e ferocia. Non dimentichi­amolo: tra i migranti molti sono profughi e scappano da guerre e persecuzio­ni, come gli eritrei e i siriani. Non possiamo accoglierl­i tutti, ma in Europa possiamo accogliern­e molti. Per gli altri, si provi a organizzar­e zone protette in Africa e in Medio Oriente, con l’aiuto dell’Onu, che quest’anno compie 70 anni. Cerchi di meritarsi i festeggiam­enti.

La discussion­e sull’immigrazio­ne, nelle ultime settimane, ha assunto toni lugubri: quelli che piacciono agli estremisti e non aiutano a trovare soluzioni. Chi invoca «rispetto e regole», ormai, viene deriso. Scusate, qual è l’alternativ­a? Regole senza rispetto? Così trasformia­mo l’Italia in un campo di detenzione. Rispetto senza regole? Così diventiamo retorici e incoerenti: due aggettivi che, da tempo, sono la nostra zavorra.

Siamo il Paese delle mezze verità. E a furia di mezze verità, se non stiamo attenti, arriveremo al disastro completo.

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