Regia a Gabrielli senza la parola «commissario»
Èrimasta lettera morta la bozza del decreto che avrebbe dato al prefetto di Roma Franco Gabrielli i poteri di commissario per il Giubileo. Ma c’è l’ipotesi di un compromesso: Gabrielli potrebbe diventare «coordinatore». Scomparirebbe così la parola «commissario» che dà tanto fastidio al sindaco Marino.
La filosofia di Matteo Renzi è sempre la stessa. In qualsiasi occasione e frangente: «I problemi vanno affrontati e risolti».
È difficile che il presidente del Consiglio cambi questa impostazione. Anche nelle situazioni più delicate. Come a Roma. Quello che può fare il premier è mutare tattica, smussare qualche angolo, fare alcune modifiche che non cambino la sostanza del provvedimento che gli sta a cuore. Ma mai cambiare il suo obiettivo. Lì dove vuole arrivare, arriva. Lo ha dimostrato finora in Parlamento.
Adesso la partita capitolina appare ancora più complicata di quanto lo siano state le battaglie, pur aspre, combattute nelle aule della Camera e del Senato. Anche perché in quei palazzi non spiravano i venti delle bufere giudiziarie mentre venivano ingaggiati i combattimenti con la minoranza interna, con Forza Italia, o con i grillini.
La situazione a Roma, ora, è più o meno questa: l’altro ieri era pronta la bozza di un decreto che avrebbe dato al prefetto di Roma Franco Gabrielli i poteri di commissario per il Giubileo. Quel provvedimento, però, non è arrivato nemmeno in Consiglio dei ministri, dove pure il giorno prima era atteso. E non ci è arrivato per opposti motivi.
Già, perché da una parte, nonostante le smentite ufficiali, Marino ha fatto fuoco e fiamme perché non accettava l’idea di non essere lui, al pari di Francesco Rutelli, il commissario di quell’evento così importante per la Capitale. Dall’altra, il prefetto di Roma riteneva che quella normativa, in realtà, non gli desse poteri effettivi per poter svolgere il suo compito in modo efficace: «Io ho bisogno di norme chiare», è stata la sua obiezione.
Morale della favola: la bozza, perché di bozza si trattava, e non ancora di un testo definitivo, è rimasta lettera morta. Il che non significa che Renzi abbia rinunciato alla sua idea di coinvolgere Gabrielli nell’«operazione Giubileo». Non certo per scarsa fiducia in Marino. Bensì perché si rende conto che con un’inchiesta della magistratura che va avanti, e i cui sviluppi futuri non sono noti a nessuno, né nel Partito democratico né nel governo, è meglio avere un paracadute.
Come ama dire di se stesso, il presidente del Consiglio non è «un improvvisatore», ma uno che si prepara «studiando le carte e tutte le possibili conseguenze». Perciò, non intende mollare la presa. Anche se si rende conto che dovrà fare opera di mediazione tra il sindaco e il prefetto. Tra l’altro, il primo ha dalla sua un’arma di pressione molto forte: se si dimettesse adesso metterebbe il Pd all’angolo, perché si dovrebbe andare alle elezioni in ottobre, troppo presto per preparare un piano alternativo, troppo presto per far dimenticare all’elettorato il caso di «Mafia Capitale».
L’onorevole compromesso, che potrebbe essere discusso nel prossimo Consiglio dei ministri è questo: a Gabrielli potrebbe essere affidato il ruolo di «coordinatore del tavolo tecnico» del Giubileo. Scomparirebbe così quella parolina — «commissario» — che dà tanto fastidio al primo cittadino della Capitale. In compenso, il premier otterrebbe il suo obiettivo: coinvolgere il prefetto di Roma nella gestione di un evento di così grandi proporzioni, mettendolo al riparo dai possibili futuri sviluppi dell’inchiesta.
Insomma, il presidente del Consiglio deve quotidianamente giocare su ogni fronte. Anche su quello di Roma da cui avrebbe voluto tenersi alla larga, dal momento che gli scandali del Pd capitolino molto hanno a che fare con la precedente gestione del partito e niente con la sua.
E, a proposito del Pd romano, l’impegno a sostenere Marino è più che mai confermato. Ma, come sempre in questi casi, ci si prepara anche al peggio. Tutti metterebbero la mano sul fuoco per Marino, ma se l’inchiesta dovesse decimare il consiglio comunale e avere delle ripercussioni anche sulla giunta, che cosa potrebbe fare il Pd? L’unica opzione sarebbe quella di chiedere al sindaco di dimettersi. Dopo luglio, però, in modo da garantire le elezioni nel prossimo anno e non prima, dando il tempo al Pd di rimette in sesto il partito in vista delle elezioni, che a quel punto verrebbero accorpate con quelle di altre importanti città: Milano, Genova, Torino, Napoli, solo per citarne alcune.
Nel frattempo la Capitale andrebbe avanti con un commissario: lo stesso prefetto Gabrielli, immaginano al Pd. Il quale poi diventerebbe il candidato sindaco ideale per le amministrative del 2016, anche perché non invischiato nelle beghe politiche.
In fondo, non era questo il progetto di Berlusconi a Bologna quando venne commissariata da Annamaria Cancellieri? Solo che lei rifiutò.
La mossa preventiva La necessità di studiare una tattica per mettersi al riparo da possibili sviluppi delle inchieste