Corriere della Sera

Il dialogo cancella una lite millenaria (e la luna piena non conterà più)

La lite sui calendari, incomprens­ibile per il mondo di oggi

- di Luigi Accattoli

C’è del sale e c’è del pepe nella battuta di Francesco sulla data della Pasqua. Il sale attiene alla buona volontà di arrivare a un accordo su una materia che ancora divide i cristiani. Il pepe sta nel tono tranciante dell’accenno.

è del sale e c’è del pepe nella battuta di papa Francesco sulla data della Pasqua. Il sale attiene alla buona volontà di arrivare a un accordo su una materia che divide ancora il mondo cristiano per ragioni ormai incomprens­ibili alla cultura contempora­nea. Il pepe sta nel tono tranciante dell’accenno: come a dire che non solo è tempo di accordarsi, ma è già tardi.

Nel 2016 dovrebbe riunirsi a Istanbul un Concilio Panortodos­so, cioè di tutte le Chiese dell’Ortodossia. Il pressing di Francesco sulla data della Pasqua — è almeno la quarta volta che ne parla in pubblico da quando è Papa — mira a facilitare il compito al moderatore della convocazio­ne panortodos­sa che è il Patriarca di Costantino­poli Bartolomeo: Francesco con la sua mano tesa permette a Bartolomeo ( con il quale ha ripetutame­nte parlato della questione) di presentare alle Chiese Ortodosse una via relativame­nte spianata.

Ma sarebbe ingenuo immaginare che l’accordo possa arrivare in tempi rapidi: sulla data della Pasqua si battaglia tra cristiani occidental­i e orientali dalla fine del secondo secolo e pur trattandos­i di una questione minore, non bisogna dimenticar­e che spesso ai religiosi appare grande ciò che alla ragione laica parrebbe piccolo.

Tre sono i problemi principali che finora hanno impedito un accordo: la diversa maniera del computo astronomic­o della data, il conflitto tra Chiese che seguono il calendario giuliano (risalente a Giulio Cesare) e quelle che hanno adottato il calendario Gregoriano (da papa Gregorio XIII), la novità di stabilire una data fissa per una celebrazio­ne che gli antichi considerav­ano mobile al fine di farla coincidere con il momento «lunare» nel quale Cristo riunì i dodici per l’Ultima Cena.

I cristiani hanno sempre inteso celebrare la Pasqua nel giorno della risurrezio­ne di Cristo, che i Vangeli collocano a metà del mese ebraico di Nisan: al 14° giorno di questo mese cadeva la Pasqua ebraica, che dà il nome a quella cristiana. Subito nacquero divergenze su come trasferire ai calendari ellenistic­o-romani una datazione del calendario ebraico.

Il conflitto aperto tra Oriente e Occidente, che nei primi secoli produsse lacerazion­i e scomuniche, risale a papa Vittore I (189-199) e al suo antagonist­a d’Oriente che fu Policrate vescovo di Efeso: Vittore voleva che la Pasqua fosse celebrata sempre di domenica, comunque venisse calcolato il «14 di Nisan»; secondo Policrate invece la Pasqua si sarebbe dovuta celebrare in qualsiasi giorno uscisse da quel calcolo, fosse o no domenica.

Il Concilio di Nicea stabilì nel 325 che la Pasqua coincidess­e con la prima domenica successiva alla luna piena che viene dopo l’equinozio di primavera dell’emisfero Nord. La pace seguita a questa decisione – mai accettata da tutte le Chiese, ma fatta propria sia da Roma sia dalle principali comunità orientali – fu infranta dalla riforma del calendario: da allora (1582) le Chiese dell’Ortodossia continuano a calcolare e celebrare secondo il vecchio calendario, mentre la Chiesa Cattolica – seguita in questo da quelle protestant­i – ha cambiato passo e le due date non solo non coincidono ma vanno sempre più distanzian­dosi per effetto del progressiv­o allontanam­ento del computo giuliano rispetto al più corretto – anche se non perfetto – metodo gregoriano.

I tentativi di arrivare a un accordo durano da quasi cent’anni. Una prima proposta nacque in campo laico negli anni 20 del secolo scorso, per iniziativa della Società delle Nazioni che suggerì a tutte le Chiese di fissare la Pasqua alla domenica successiva al secondo sabato di aprile. La proposta trovò favore negli ambienti protestant­i, ma lasciò fredda la Chiesa Cattolica e contrarie le Chiese dell’Ortodossia.

Toccò poi al Vaticano II rilanciare la questione affermando – nella Costituzio­ne sulla Liturgia (1963) – che la Chiesa di Roma «non ha nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinat­a domenica nel calendario gregoriano». Ovviamente già il solo richiamo al calendario gregoriano provocò lo sgradiment­o degli orientali.

Da allora passi in avanti se ne sono fatti un po’ ovunque, ma restano ancora varie resistenze. Favorevoli a un accordo che fissi la data sono sia i cattolici sia i protestant­i. Ancora legati al computo di una data variabile dipendente dalle fasi lunari sono invece gli orientali.

www.luigiaccat­toli.it

I primi contrasti sulla celebrazio­ne della risurrezio­ne risalgono al secondo secolo L’introduzio­ne del calendario gregoriano ha accentuato il senso di separazion­e

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