Lupi e le tensioni di Ncd sull’arresto di Azzollini: se è giusto, io direi di sì
Il vertice di mercoledì I pm di Roma e Firenze si sono confrontati sul ruolo della Cascina nell’appalto di Mineo
«Se ci fossero le condizioni per l’arresto, Lupi voterebbe per l’arresto». Parla in terza persona l’ex ministro Maurizio Lupi (Ncd) a proposito del senatore Antonio Azzollini, per il quale la Procura di Trani ha chiesto l’arresto. E lo fa scegliendo le parole, trattandosi di una circostanza delicata: votare a favore dell’arresto di un collega di partito — anche Azzollini è nel Nuovo centrodestra — anziché far quadrato.
Secondo i magistrati di Trani che hanno ricostruito l’ennesimo crac di un istituto religioso, quello della casa di cura Divina Provvidenza, Azzollini avrebbe trasformato la struttura in un suo personale centro di approvvigionamento e di potere. Lui giovedì prossimo si dovrà difendere davanti alla Giunta del Senato per le autorizzazioni a procedere.
Oltre alle malversazioni, hanno colpito certe frasi contenute nell’ordinanza del gip secondo cui Azzollini avrebbe detto all’ammutolita platea di suore: «Da oggi in poi comando io, se no vi p... in bocca». Ieri, incorso nell’imitazione telefonica di papa Bergoglio del programma La Zanzara su Radio 24, Azzollini è scoppiato in lacrime. «La chiamo solo per un motivo — ha detto il finto Bergoglio — ho letto le frasi che lei avrebbe detto a suor Marcella». E il senatore convinto di ricevere una reprimenda dal Pontefice, ha risposto: «Santo Padre non solo non l’ho detto ma non ho neppure pensato di dirlo. Quando vorrà sono pronto a dimostrarle che è una prova costruita ad arte».
Può darsi che le lacrime del senatore e la tenue breccia nel garantismo dell’ex ministro Lupi siano figlie della stessa tensione. Quella che attraversa i vari schieramenti politici. Nell’inchiesta Mafia Capitale, che ha già coinvolto grossi nomi capitolini e regionali, la sensazione è che si prepari altro. Mercoledì scorso i procuratori-capo di Roma e Firenze, Giuseppe Pignatone e Giuseppe Creazzo, titolari delle due inchieste più impegnative e di maggiore impatto politico degli ultimi mesi, si sono incontrati.
Sugli argomenti affrontati c’è il massimo riserbo. Ma sembra scontato che uno dei fronti possa riguardare l’appalto per il centro di accoglienza profughi di Mineo. A Roma, come a Firenze, i carabinieri del Ros si erano imbattuti nell’appalto milionario per il centro profughi vinto dalla cooperativa dell’imprenditore de La Cascina, Salvatore Menolascina. Il cui nome era già apparso nell’inchiesta fiorentina per le sue sponsorizzazioni all’ex ministro Lupi e che giorni fa è finito ai domiciliari per Mafia Capitale e i suoi legami con Salvatore Buzzi. Le verifiche della Procura di Roma hanno permesso di accertare che dietro l’associazione temporanea che si aggiudicò il Cara di Mineo c’erano diversi pregiudicati per i reati più vari: dalla frode in pubbliche forniture all’associazione a delinquere. Insomma, ce n’è abbastanza per voler approfondire la questione.