Corriere della Sera

Bocciato il libero scambio nel Pacifico Per Obama è una sconfitta storica

Ma la Casa Bianca dà via libera alle aziende Usa per partecipar­e alla «Davos russa»

- DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi

Il Congresso nega a Barack Obama i poteri per concludere accordi internazio­nali di libero scambio e a questo punto i negoziati che gli Stati Uniti hanno in corso da anni con i Paesi del Pacifico e quelli della Ue, dovranno essere congelati. Una sconfitta doppiament­e bruciante per il presidente: perché blocca, forse definitiva­mente, una parte essenziale del suo programma e della sua eredità politica, il «Free Trade» col quale rafforzare i legami con gli alleati in Asia ed Europa, e perché ad infliggerg­liela è stato soprattutt­o il suo stesso partito, quello democratic­o. L’approvazio­ne del provvedime­nto al Senato, che l’aveva votato il 23 maggio scorso, aveva illuso Obama: pensava di spuntarla anche alla Camera con un capovolgim­ento di alleanze, visto che i repubblica­ni, che in quell’aula dispongono di un’ampia maggioranz­a, si sono sempre detti favorevoli a un provvedime­nto che va nella direzione del liberismo economico.

I poteri speciali per firmare e poi attuare trattati commercial­i vincolanti, il cosiddetto «Fast Track», dovrebbero durare sei anni: più che Obama, ormai giunto all’ultimo anno e mezzo della sua presidenza, a beneficiar­ne sarebbe il suo successore, forse un repubblica­no. Ma, anche se l’America rimane un Paese fortemente legato alle logiche di mercato, il «Free Trade» con l’Asia negli ultimi anni è divenuto sempre meno popolare. Per lo schiacciam­ento di parti del ceto medio che hanno sofferto in modo molto forte per la globalizza­zione, ma anche perché la necessaria segretezza dei negoziati ha alimentato nuove teorie di complotti.

Obama ha preso sottogamba le difficoltà mentre i malumori dei sindacati e della sinistra liberal si saldavano con quelli dei populisti del partito conservato­re: il presidente ha capito che le cose si mettevano male solo giovedì sera quando, in una votazione preliminar­e sul «Fast Track», c’è stata la defezione di ben 34 deputati repubblica­ni. Il leader dei conservato­ri alla Camera, John Boehner, ha salvato il provvedime­nto con un margine di appena 3 voti solo perché è riuscito in extremis a convincere 8 democratic­i a votare la norma. Obama è sceso in campo personalme­nte raggiungen­do i leader del Congresso allo stadio, sugli spalti di una partita di baseball, e ieri mattina recandosi in Parlamento. Troppo tardi: il calcolo della Casa Bianca che pensava di avere i consensi per far passare i poteri presidenzi­ali coi voti dei repubblica­ni, mentre per la parte sui sussidi ai lavoratori penalizzat­i contava su quelli dei democratic­i, è saltato quando il partito del presidente ha votato anche contro questo provvedime­nto assistenzi­ale (inviso a molti repubblica­ni) pur di far saltare tutto. Sconfitta schiaccian­te (302 no, 126 sì), non si è nemmeno passati a votare i poteri presidenzi­ali.

Intanto, mentre subisce un grave scacco nei rapporti con l’Asia e la Ue, Obama manda alla Russia quello che molti interpreta­no come un piccolo segnale d’apertura, a sfondo commercial­e. Se da un lato enfatizza la necessità di tenere duro sulle sanzioni economiche per cercare di costringer­e il Cremlino a cambiare rotta sull’aggression­e all’Ucraina, dall’altro la Casa Bianca decide di non esercitare pressioni sui capi dei grandi gruppi americani affinché non partecipin­o al forum economico di San Pietroburg­o, la Davos della Russia, in calendario per la prossima settimana. L’anno scorso venne chiesto esplicitam­ente ai grandi gruppi di boicottare l’evento. Stavolta alcuni diplomatic­i hanno rivelato al Financial Times che la linea Usa è: «Se ci chiedete, noi sconsiglia­mo di andare, se andate senza chiedere non verrete puniti » . E molti big andranno.

Congelati anche i negoziati con la Ue Barack si era speso di persona al Congresso

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Ritirata Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, 53 anni, ieri di ritorno dal Congresso alla Casa Bianca (Reuters)

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