«Nuova ditta Blair». Ecco l’impero globale dell’ex premier
Tony Blair è stato un leader carismatico con idee nuove e coraggiose. Nel decennio trascorso a Downing Street, dal 1997 al 2007, ha accumulato un patrimonio di rispettabilità e autorevolezza davanti al quale tutto il mondo si è inchinato. Ma quella storia, la storia dell’appassionato Tony Blair primo ministro, è finita da tempo e ne è cominciata un’altra, contraddittoria e ambigua, a cavallo fra la diplomazia internazionale, di cui è rimasto protagonista in Medio Oriente, in Africa e in Asia, e gli interessi personali che cammin facendo sono diventati sempre più rilevanti. Il Tony Blair pubblico e il Tony Blair privato si sono intrecciati in una spregiudicata opacità di comportamenti e di iniziative. Chi esce dalla politica attiva ha il diritto di curarsi delle proprie finanze, ha il diritto di farsi pagare illuminate consulenze da governi, democratici o autoritari che siano, ha il diritto di accomodarsi in hotel a cinque stelle, di salire sugli aerei degli sceicchi, di mettere la propria esperienza al servizio degli interessati. Ha in sostanza il diritto di entrare a pieno titolo nel «mercato degli ex premier o ex presidenti», pensionati ma pur sempre potenti, dunque ascoltati e remunerati. Bill Clinton ne è un esempio. Questa è la legge della domanda e dell’offerta. Non uno scandalo. I problemi nascono quando interesse pubblico e interesse privato collidono, degradando le legittime attività professionali all’affarismo clandestino. Uscito dalla «ditta» del laburismo, Blair ha messo in piedi una «nuova ditta», una holding di relazioni che fattura decine di milioni di sterline. Il conservatore Daily Telegraph l’ha definita, nell’inchiesta apparsa ieri, il «Global Business Empire», l’impero globale del business, una intricata ragnatela internazionale di contratti stipulati per offrire suggerimenti e analisi, per aprire le porte a scambi commerciali e finanziari. Colpisce la dimensione della «ditta Blair». E colpisce lo stile di vita da emiro dell’ex premier. Però non è vietato. Colpisce soprattutto che Blair abbia usato il ruolo pubblico di «inviato» in Medio Oriente, per conto di Usa, Russia, Europa e Onu, per firmare accordi privati coinvolgendo il suo «Global Empire». Un pericoloso conflitto di interessi. Blair si è dimesso da «inviato» del Quartetto. Ma doveva abbandonare prima per non compromettere la sua storia di grande leader senza macchia.