L’agguato con l’acido e il bisogno di silenzio di Pietro e Stefano per tornare a vivere
Silenzio. Per riuscire a visualizzare il momento in cui una vita si ferma. Il dolore che d’improvviso colpisce un corpo sano e pieno di futuro, la vita e la morte che si danno il cambio in un letto di ospedale. E poi i giorni e le notti senza fine vissuti in sospeso. La fatica di due gambe che provano a rialzarsi. Tutto questo ho ricordato in questi giorni, pensando alle vite violate di Pietro e Stefano — i due ragazzi milanesi aggrediti con l’acido dalla cosiddetta «coppia diabolica» — leggendo e sentendo di loro mio malgrado. Perché certe storie arrivano a casa tua,
Simbolo Lucia Annibali sono apparecchiate per pranzo, sono ovunque. Impossibile non ascoltarle. Io le ho ascoltate in silenzio, e in silenzio ho condiviso con loro pensieri. Perché questo serve. Silenzio, discrezione e, soprattutto, rispetto. Anche il rispetto verso chi vuole rimanere in disparte. Questo serve mentre si affronta la paura di guardarsi a uno specchio senza più riconoscersi. Oppure quando si cerca una identità rubata e ormai perduta per sempre, mentre si affronta il peso della solitudine e si ascolta il battito del proprio cuore che spera. E questo serve anche mentre si impara a coltivare la pazienza e, con pazienza, si aspetta il tempo necessario per riuscire a riaffacciarsi alla vita. Ci vuole silenzio, discrezione e rispetto anche nel momento in cui, finalmente, si trova il coraggio di tornare nel mondo, così come si è. Diversi rispetto a prima ma senza nulla in meno. Anzi, con delle risorse in più. Possiamo provare a immaginare Pietro e Stefano mentre vivono tutto questo, mentre percorrono la strada che li porterà un giorno a ritrovare se stessi, finché sentiranno di essere pronti per venire verso di noi. Quello che non possiamo fare è forzarli a rientrare in un mondo dal quale in questo momento sono volutamente un po’ lontani. Non perché lo vogliano, appunto, ma perché è difficile, è molto difficile ripresentarsi al mondo con un aspetto nuovo. Serve tempo. È indispensabile arrivare a quell’appuntamento forti di se stessi per riuscire a guardare avanti oltre gli sguardi degli altri e per riuscire a guardarsi allo specchio accettandosi fino in fondo. Senza più il rischio di cadere.