Corriere della Sera

IL CHE CI AVVICINA A CASA

- Di Marcello Veneziani

aro direttore, a vederla da lontano, l’Italia è una serpentina illuminata che contorna zone tenebrose come una sagoma brunita con bordi d’oro lucente. A vederla dallo spazio la penisola sembra quasi un corpo umano, forse l’unico Paese che abbia le fattezze di una persona. L’ultima visione dell’Italia, bella anche nella lontananza, ci è stata consegnata da Samantha Cristofore­tti nella sua missione spaziale appena conclusa.

Tanti nella sua impresa hanno esaltato, non a torto, le conquiste della scienza e della tecnologia, il passo avanti planetario oltre la globalizza­zione, e hanno sottolinea­to che sia stata una donna a compierlo, quasi una rappresent­azione cosmica dell’emancipazi­one femminile dall’ambito domestico in cui era stata relegata per secoli. Lasciate che io mi soffermi invece su alcuni dettagli trascurati. Quali sono i segni distintivi che Samantha si è portata nel cosmo e che abbiamo visto occhieggia­re sullo sfondo dei suoi collegamen­ti dallo spazio? Una bandiera tricolore e l’immagine della Madonna di Loreto, protettric­e degli Aviatori. Erano gli unici segni distintivi nell’asettico habitat dell’astronave. E poi la foto della penisola dallo spazio, come un poster riassuntiv­o di un Paese animato, l’ecografia di una nazione, dove la storia si annuncia tramite la geografia. A vederla dall’astronave era come spiare la propria casa da lontano, vederla brillare negli affetti e adombrarsi nelle sue profondità domestiche. E andando a ritroso nei duecento giorni vissuti nello spazio, la sua prima telefonata dallo spazio con la madre, intensa e vera...

Quando siamo ridotti in condizioni di assoluta lontananza e solitudine, avvertiamo il bisogno di ricorrere ai simboli e all’esperienze salienti della nostra vita: e quei segni di vita e di identità si legano inevitabil­mente agli affetti famigliari, ai simboli e alle visioni di una casa e di una patria, alle icone di un comune sentire religioso. Sono quelle le uniche luci che si scorgono da lontano. Quegli stessi segni che qui sulla terra, in Italia, nella vita di ogni giorno, ci pesano come macigni obsoleti, palle al piede, ingombri molesti o residui spenti di appartenen­ze e devozioni antiche, perdono gravità nello spazio, acquistano un’affabile leggerezza, si fanno eterei e vivi. Diventano fili d’Arianna per non perderci e per ritrovare la strada di casa, come le molliche di Pollicino sparse lungo la via, promesse di ritorno...

A viverla ogni giorno, l’Italia è difficile, a volte impossibil­e, ma nella siderale lontananza dello spazio la senti come la casa comune, la sagoma famigliare, il luogo a cui tornare.

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