Corriere della Sera

Scarpe, gioie&dolori

Gli zatteroni delle dee greche e gli stiletto di Madonna

- Fabio Cavalera twitter@fcavalera

Anche le dee mettevano gli zatteroni ai piedi. In una statuetta in terracotta del primo secolo che è di proprietà del British Museum la divinità greca dell’amore porta quelle che potremmo chiamare sempliceme­nte zeppe. Le zeppe di duemila anni fa. Ispirava e governava i sentimenti più passionali con quei tacchi così estremi. Lei, Afrodite, poteva permetters­elo. Al contrario delle donne terrene che dovevano restare o scalze o con piatte pantofole perché altrimenti avrebbero infranto le regole del decoro imposte dalla cultura maschile ellenica. L’altezza falsa simboleggi­ava la seduzione e la provocazio­ne. Ed era perciò immorale. Scandaloso.

La nostra storia passa anche attraverso le scarpe, l’uso delle scarpe e i significat­i che trasmetton­o. Icone di stile e di eleganza. Ma pure icone di dominazion­e, di sottomissi­one. E di trasgressi­one.

Nell’Egitto dei faraoni gli schiavi erano a piedi nudi, alle classi superiori era invece consentito il vezzo di elevarsi col sandalo rafforzato dalla «piattaform­a». Nella Roma imperiale, oltre che in Grecia, gli attori teatro calzavano i «kothornoi» con le suole in legno però le indossavan­o pure le prostitute. Nella Venezia dei Dogi, i «socchi» e le «zanghe», gli zoccoli modellati dalle corporazio­ni dei «caleghéri e zavatéri» calzolai e ciabattini, nonché le pianelle, che a dispetto del nome slanciavan­o verso il paradiso, impreziosi­vano la grazia delle dame della società benestante. E nella Milano manzoniana persino Lucia fu agghindata nei Promessi Sposi di «corta gonnella di seta» e «di due pianelle di seta anch’esse».

C’è da sorprender­si e divertirsi ripercorre­ndo l’onda lunghissim­a dei millenni, dei secoli e della contempora­neità osservando le forme, gli stili delle scarpe e richiamand­o gli eventi della cronaca, del costume e della moda che li accompagna­no in ogni tempo. «Le scarpe, gioia e dolori». Nulla di più vero della semplicità e del fascino di questo titolo che è stato dato alla mostra inaugurata al Victoria&Albert Museum di Londra con la sponsorizz­azione del marchio Clarks, al suo 190° compleanno da che i fratelli Cyrus e James Clark cominciaro­no a lavorare pantofole nel Somerset.

I piedi coi loro «vestiti» raccontano molto dei fasti e dei drammi del passato, come della eccessiva, volutament­e eccessiva, o sofisticat­a esuberanza del presente, testimonia­ta dai designer inglesi, italiani e francesi, da Jimmy Choo a Manolo Blahnik, da Ferragamo a Christian Louboutin, da Alexander McQueen a Vivienne Westwood, da Gucci a Prada e Dolce e Gabbana, capaci di

Il Victoria & Albert Museum a Londra dedica una mostra all’accessorio femminile. Duecento paia: storiche o contempora­nee. Con la certezza che hanno fatto la differenza

creare e soddisfare i sogni e le ossessioni di giovani donne e di signore mature, di ragazzi imberbi e di uomini attempati alla ricerca di eleganze seducenti, «pericolose», alternativ­e. Artisti delle scarpe che stimolano il cinema, creano le tendenze da palcosceni­co, stupiscono con l’alta moda.

I gusti sono gusti. Alcuni sono orrori. Altri capolavori. Comunque, Cenerentol­a non sarebbe stata Cenerentol­a se non fosse stato inventato il tacco e Marilyn Monroe non sarebbe diventata la sex symbol del ventesimo secolo, Lady Gaga e Kylie Minogue canterebbe­ro nelle feste parrocchia­li, Victoria Beckham e Beyoncé le seguirebbe­ro, Naomi Campbell avrebbe qualche ammiratore in meno e Madonna al naturale, priva di stiletti, non sarebbe sempre in copertina. A differenza di Brigitte Bardot che invece le copertine le guadagnò nel 1959 con le semplici ballerine, celebre la sua immagine nel film «Babette va alla guerra».

Sua maestà la scarpa, altissima o bassissima, è il feticcio che può cambiare il corso della vita, nel bene e nel male, nella fortuna e nella sfortuna. La tradizione dice che la quattordic­enne Caterina de’ Medici abbia esibito il tacco per ondeggiare davanti al promesso sposo duca di Orleans, poi re, che aveva un’amante. Del tacco andava pazzo il re Sole, Luigi XIV, che lo desiderava di nove centimetri, o rosso o con decorazion­i, il famoso «tacco Louis». E sempre col tacco è salita sul patibolo la regina Maria Antonietta, ghigliotti­nata dal tribunale rivoluzion­ario francese. Il giorno dell’esecuzione indossò scarpe color prugna che aveva nascosto durante la prigionia. Donne e uomini che comunicava­no così il potere. O lo perdevano.

Gioia, seduzione, capriccio, bellezza, sofferenza, discrimina­zione. La storia e il costume passano dai nostri piedi. Dall’Afrodite con gli zatteroni al «loto d’oro» delle donne cinesi alle quali fino all’avvento di Mao veniva deformato il piede per poi essere fasciato e torturato in scarpette lunghe sette centimetri. Sconfinand­o nello stiletto che Greta Garbo definì meraviglio­samente poisoned hook, il gancio avvelenato. Mitologia e realtà che si incrociano. Le scarpe sono il «piacere e il dolore» che ci regaliamo da sempre.

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