Scarpe, gioie&dolori
Gli zatteroni delle dee greche e gli stiletto di Madonna
Anche le dee mettevano gli zatteroni ai piedi. In una statuetta in terracotta del primo secolo che è di proprietà del British Museum la divinità greca dell’amore porta quelle che potremmo chiamare semplicemente zeppe. Le zeppe di duemila anni fa. Ispirava e governava i sentimenti più passionali con quei tacchi così estremi. Lei, Afrodite, poteva permetterselo. Al contrario delle donne terrene che dovevano restare o scalze o con piatte pantofole perché altrimenti avrebbero infranto le regole del decoro imposte dalla cultura maschile ellenica. L’altezza falsa simboleggiava la seduzione e la provocazione. Ed era perciò immorale. Scandaloso.
La nostra storia passa anche attraverso le scarpe, l’uso delle scarpe e i significati che trasmettono. Icone di stile e di eleganza. Ma pure icone di dominazione, di sottomissione. E di trasgressione.
Nell’Egitto dei faraoni gli schiavi erano a piedi nudi, alle classi superiori era invece consentito il vezzo di elevarsi col sandalo rafforzato dalla «piattaforma». Nella Roma imperiale, oltre che in Grecia, gli attori teatro calzavano i «kothornoi» con le suole in legno però le indossavano pure le prostitute. Nella Venezia dei Dogi, i «socchi» e le «zanghe», gli zoccoli modellati dalle corporazioni dei «caleghéri e zavatéri» calzolai e ciabattini, nonché le pianelle, che a dispetto del nome slanciavano verso il paradiso, impreziosivano la grazia delle dame della società benestante. E nella Milano manzoniana persino Lucia fu agghindata nei Promessi Sposi di «corta gonnella di seta» e «di due pianelle di seta anch’esse».
C’è da sorprendersi e divertirsi ripercorrendo l’onda lunghissima dei millenni, dei secoli e della contemporaneità osservando le forme, gli stili delle scarpe e richiamando gli eventi della cronaca, del costume e della moda che li accompagnano in ogni tempo. «Le scarpe, gioia e dolori». Nulla di più vero della semplicità e del fascino di questo titolo che è stato dato alla mostra inaugurata al Victoria&Albert Museum di Londra con la sponsorizzazione del marchio Clarks, al suo 190° compleanno da che i fratelli Cyrus e James Clark cominciarono a lavorare pantofole nel Somerset.
I piedi coi loro «vestiti» raccontano molto dei fasti e dei drammi del passato, come della eccessiva, volutamente eccessiva, o sofisticata esuberanza del presente, testimoniata dai designer inglesi, italiani e francesi, da Jimmy Choo a Manolo Blahnik, da Ferragamo a Christian Louboutin, da Alexander McQueen a Vivienne Westwood, da Gucci a Prada e Dolce e Gabbana, capaci di
Il Victoria & Albert Museum a Londra dedica una mostra all’accessorio femminile. Duecento paia: storiche o contemporanee. Con la certezza che hanno fatto la differenza
creare e soddisfare i sogni e le ossessioni di giovani donne e di signore mature, di ragazzi imberbi e di uomini attempati alla ricerca di eleganze seducenti, «pericolose», alternative. Artisti delle scarpe che stimolano il cinema, creano le tendenze da palcoscenico, stupiscono con l’alta moda.
I gusti sono gusti. Alcuni sono orrori. Altri capolavori. Comunque, Cenerentola non sarebbe stata Cenerentola se non fosse stato inventato il tacco e Marilyn Monroe non sarebbe diventata la sex symbol del ventesimo secolo, Lady Gaga e Kylie Minogue canterebbero nelle feste parrocchiali, Victoria Beckham e Beyoncé le seguirebbero, Naomi Campbell avrebbe qualche ammiratore in meno e Madonna al naturale, priva di stiletti, non sarebbe sempre in copertina. A differenza di Brigitte Bardot che invece le copertine le guadagnò nel 1959 con le semplici ballerine, celebre la sua immagine nel film «Babette va alla guerra».
Sua maestà la scarpa, altissima o bassissima, è il feticcio che può cambiare il corso della vita, nel bene e nel male, nella fortuna e nella sfortuna. La tradizione dice che la quattordicenne Caterina de’ Medici abbia esibito il tacco per ondeggiare davanti al promesso sposo duca di Orleans, poi re, che aveva un’amante. Del tacco andava pazzo il re Sole, Luigi XIV, che lo desiderava di nove centimetri, o rosso o con decorazioni, il famoso «tacco Louis». E sempre col tacco è salita sul patibolo la regina Maria Antonietta, ghigliottinata dal tribunale rivoluzionario francese. Il giorno dell’esecuzione indossò scarpe color prugna che aveva nascosto durante la prigionia. Donne e uomini che comunicavano così il potere. O lo perdevano.
Gioia, seduzione, capriccio, bellezza, sofferenza, discriminazione. La storia e il costume passano dai nostri piedi. Dall’Afrodite con gli zatteroni al «loto d’oro» delle donne cinesi alle quali fino all’avvento di Mao veniva deformato il piede per poi essere fasciato e torturato in scarpette lunghe sette centimetri. Sconfinando nello stiletto che Greta Garbo definì meravigliosamente poisoned hook, il gancio avvelenato. Mitologia e realtà che si incrociano. Le scarpe sono il «piacere e il dolore» che ci regaliamo da sempre.