Corriere della Sera

Il camiciaio di Hollywood: stile? E’ l’elogio dell’imperfezio­ne...

Cotone Albini per i muscoli di «Schwarzy» e di DiCaprio in «Titanic»

- 1 2 3 5 4 Matteo Persivale

La lista dei clienti attraversa sessant’anni ed è contenuta in diecimila cartelline ordinate alfabetica­mente in archivio. Sinatra, Frank. Martin, Dean. Grant, Cary. Kelly, Gene. Reagan, Ronald. Douglas, Michael. De Niro, Robert. Clooney, George. Cruise, Tom. DiCaprio, Leonardo. Ford, Harrison. Cage, Nicolas. Travolta, John. Pitt, Brad. E poi oltre a divi di Hollywood, ex presidenti, cantanti, tanti uomini d’affari, i manager degli studios hollywoodi­ani, i grandi avvocati civilisti.

Anto Beverly Hills è il camiciaio più lussuoso d’America, il punto di riferiment­o per i costumisti dei film — da Titanic a Inception, da Cinquanta sfumature di grigio al nuovissimo Jurassic World — ma è anche un’impresa familiare: la casa dei Sepetjian immigrati di successo dall’Armenia, storia che si tramanda da padre in figlio: la terza generazion­e studia per prendere il comando in futuro. «E intanto i miei figli, subito dopo il diploma, li mando tutti un anno a Firenze — spiega Jack Sepetjian, figlio del fondatore Anto — Qui imparano, qui vedono che c’è la più alta qualità del mondo dei materiali, c’è l’amore per l’artigianat­o».

Sepetjian è a Milano perché ha inaugurato la mostra del suo amico Silvio Albini (a Albini Group fanno capo Cotonifici­o Albini, Thomas Mason, David & John Anderson): «La Via del Cotone: Viaggio alla Scoperta dell’Oro Bianco». Una mostra «open air» che in via della Spiga presenta fino al 25 giugno tante installazi­oni che raccontano il viaggio alla scoperta di una materia prima straordina­ria, che nasce nel delta del Nilo.

Impossibil­e non approfitta­re della presenza di Sepetjian: «Le materie prime per un camiciaio o un sarto sono come gli ingredient­i per uno chef», dice. Nel suo atelier offre infinite varianti ai clienti: nei tessuti, nei colori, nella foggia della camicia, e dei polsini, dà consigli per trovare la camicia più giusta per la propria corporatur­a, il proprio lavoro. Qualche esempio? «Bellissimi i gemelli ma sono formali: se ti togli la giacca e vuoi rimboccare le maniche meglio andare sul sicuro, con i bottoni. Connery nei panni di 007 portava i polsini arrotondat­i ma oggi l’effetto è da dandy o da viveur, non si adatta a tutti, attenzione. Colletto francese? Ottimo, ma che non sia troppo aperto da lasciar intraveder­e oltre il nodo della cravatta. Button down? Un classico americano, però spesso il colletto di quelle fatte industrial­mente lascia a desiderare».

Sepetjian parla a bassissima voce con il tono pacato e l’assoluta calma di colui che è abituato a chiamare per nome divi e manager miliardari, ma ammette di emozionars­i ancora dopo la prova finale di un nuovo cliente, «quando la camicia è pronta per uscire dal laboratori­o. Gli uomini la portano sulla pelle, è un capo intimo con il quale abbiamo un rapporto molto emotivo, tutti abbiamo una camicia preferita».

Veste fotomodell­i mancati come Di Caprio (lo fece anche in «Titanic», vedi illustrazi­one) e Johnny Deep e Clooney ma il suo orgoglio è vestire le silhouette «imperfette»: Arnold Schwarzene­gger «che ha la 60 di torace e la 44 di collo ma che con le nostre camicie sta benissimo, come Dwayne Johnson che sfiora i due metri e i 120 kg. Dimostrano che la camicia giusta veste bene tutti. Sinatra? Uno dei maestri di stile: da giovane, quando era smilzo, e altrettant­o quando, più avanti negli anni, diventò più robusto. Come tutti noi uomini».

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