Corriere della Sera

AFFINITÀ AMBIENTALI IL CINE CAPITOL E IL VIAGGIO SENTIMENTA­LE CHE SA ANDARE OLTRE IL BRUNELLESC­HI

- di Stefano Bucci

Lo stupore da bambino per la sala di Baroni e Tempestini che prometteva di mostrare il cielo di Dante Qui si è vissuta l’idea di un secolo industrios­o che ha saputo felicement­e investire in cultura

La proposta Da oggi al 31 dicembre Toscana ‘900, itinerario che lega luoghi espositivi, parchi culturali e mostre di tutta la regione. In un territorio antico per vocazione dove la modernità, pur tra le polemiche, riesce a sorprender­e

Il Cinema Capitol, proprio alle spalle degli Uffizi, ha sempre avuto per me un fascino molto speciale, fin da quando ero piccolo. Quattro piani di cemento e vetro, un grande pannello di ceramica coloratiss­ima, scala a due rampe e un ascensore di vetri, poltrone di velluto verde e un soffitto della grande sala da «trecento e passa» posti che si favoleggia­va (ma io non l’ho mai sperimenta­to) potesse addirittur­a aprirsi «per farci vedere le stelle» — proprio così diceva mio padre tanto per ricordarmi che questo era pur sempre il posto di Dante.

La mia frequentaz­ione con le architettu­re moderne e con una certa idea (infantile) del Novecento è cominciata così, attraversa­ndo via de’ Castellani per infilarmi (a Natale o quando usciva l’ultimo film di Alberto Sordi) negli spazi disegnati da Nello Baroni e Maurizio Tempestini, inaugurati nel 1957. Spazi che mi sembravano modernissi­mi, ma che solo più tardi ho scoperto non essere, almeno secondo i critici, nemmeno poi così meraviglio­si, anzi.

La passione per il Novecento ha ritmi strani alle spalle della Cupola di santa Maria del Fiore (le oltre trecento opere del recente Museo del ‘900 davanti alla facciata di Santa Maria Novella possono dare un piccolo aiuto per capire), ma anche sulle colline toscane più in generale. Troppo forte il peso della classicità più codificata, quella di Brunellesc­hi e di Botticelli. Troppo difficile (o faticoso) misurarsi con un simile passato.

Ancora una volta il Cinema Capitol, abbandonat­a da anni la vocazione cinefila, può tornare ad essere un’efficace pietra di paragone: di fronte al Capitol si è infatti giocata, e ancora si continua a giocare, l’intricata partita della nuova pensilina degli Uffizi progettata da Arata Isozaki. Progetto bello e modernissi­mo che avrebbe dovuto prendere forma nell’ormai lontano 2003. E che invece resta sempre lì, sospeso, con i suoi sessanta milioni di euro di spesa prevista — è quella globale per la realizzazi­one dei Grandi Uffizi, di cui la Pensilina dovrebbe fare parte.

Eppure il Novecento fiorentino-toscano è pur sempre capace di bellissime sorprese: certi ritratti di Primo Conti; i romanzi di Carlo Cassola e di Luciano Bianciardi; la stazione di Santa Maria Novella di Giovanni Michelucci e del Gruppo Toscano; la chiesa dell’autostrada ancora di Michelucci (che firma anche il Palazzo del Governo di Arezzo); la casa-studio di Leonardo Ricci sulla via Bolognese; i servizi di ceramica della Ginori; i tessuti stampati di Pucci; la Lancia Aurelia che nel Sorpasso di Dino Risi corre sull’Aurelia verso Calafuria; il Palazzo delle Poste di Grosseto (1932, capolavoro di Angiolo Mazzoni); il Drappellon­e dipinto da Mino Maccari per il palio di Siena del 1990. Fino alle scene e i costumi (di filo di ferro, di ottone e di stoffa) firmati da Fausto Melotti per Le chant du rossignol di Igor Stravinsky al «Maggio» del 1982. E anche quel suo teatro non bellissimo aveva il pregio di trasmetter­e una qualche idea di progresso. Come il Capitol.

Ancora una volta per allargare l’orizzonte, più che all’ordine cronologic­o o critico, conviene però farsi guidare dai sentimenti: dall’idea, ad esempio, di un Novecento industrios­o e «trionfante» come quello dell’Età dell’oro di Prato e delle sue fabbriche (più tardi le avrebbe ben raccontate Edoardo Nesi).

Le stesse industrie che qualche tempo dopo avrebbero saputo investire felicement­e persino in cultura: nel teatro (il Metastasio, il Fabbricone dove Luca Ronconi avrebbe realizzato spettacoli impensabil­i come Ignorabimu­s di Arno Holz), come nei primi musei del contempora­neo. A cominciare dal Centro «Pecci», inaugurato nel 1988, che con la sua colonna in acciaio di Anne e Patrick Poirier che si affacciava dal parco sulla strada ricordava che il Novecento doveva per forza saper sempre guardare oltre.

Il Novecento toscano sembra essere così più una sensazione che una vera e propria realtà, qualcosa che si lega più alla memoria e ai sentimenti personali che non alla concretezz­a. Non cercate, dunque, grattaciel­i e spazi ipermodern­i, anche se poi ci si può trovare faccia a faccia con le cantine di Renzo Piano, di Mario Botta e del Gruppo Archea. Piuttosto ripensate al passato, al bel tempo andato di quando eravate bambini o ragazzi.

Insomma, tornate al cinema Capitol dei vostri ricordi. E anche se, poi, i critici vi diranno che non era poi così bello né così moderno poco vi importerà.

 ??  ?? Firenze Il museo del Novecento
Firenze Il museo del Novecento

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy