Nello stadio del silenzio la svastica sul prato è già all’esame della Uefa
Tavecchio: «Inqualificabile». La difesa: «Sabotaggio. Ci scusiamo»
Candreva Dal campo dello stadio noi calciatori non ci siamo accorti di nulla Conte C’è stata una doppia beffa, ma sono contento anche se c’è ancora da lavorare
In questo silenzio pieno di rumore, di urla di gioia, di dolore e di rabbia, a fare clamore è una svastica di circa dieci metri per dieci, tratteggiata da un tagliaerba sul prato dello stadio Poljud dell’Hajuduk Spalato. Il segno non è molto marcato («Non ci siamo accorti di nulla » conferma Candreva), ma quando l’occhio fissa il campo all’uscita dei giocatori nell’intervallo non ci sono dubbi. L’imbarazzo dell’ex bomber Davor Suker, presidente federale, è evidente, mentre due inservienti, cercando di sfumare il taglio con la sabbia, ottengono l’effetto contrario.
La Federazione italiana (Tavecchio: «Inqualificabile») e i rappresentanti della Uefa vedono tutto. La Federcalcio croata è costernata: «Un sabotaggio e un atto criminale. Una vergogna. Chiediamo scusa alle squadre e ai telespettatori. Abbiamo avvisato anche la polizia». Si gioca a porte chiuse perché la Croazia è recidiva: incidenti e lancio di fumogeni a San Siro all’andata, con la partita sospesa per due volte, poi i cori razzisti nella partita contro la Norvegia che portano alla squalifica del pubblico: le possibilità che ci siano altre partite senza tifosi adesso sono molto alte. E in fondo è proprio quello che vogliono gli ultrà, nel mezzo della faida croata: qui la Nazionale è poco amata, perché considerata un giocattolo nelle mani della Dinamo Zagabria e dei suoi uomini di potere all’interno della Federazione. Il calcio, come già capitato in passato ( ultimo episodio: Montenegro-Russia sospesa per un razzo che ha colpito il portiere russo) è la continuazione della lotta politica con altri mezzi e questo di Spalato è tutto fuorché il silenzio degli innocenti. Perché anche i calciatori croati hanno un certo feeling coi loro ultrà: nel 2012 il centravanti Mandzukic finì nella bufera per aver celebrato con il saluto romano un gol, ma soprattutto il rilascio dei generali croati, imputati di crimini di guerra dall’Aja.
Qui Mandzo, seguito anche dalla Juventus, non ha molta voglia di festeggiare, anche se dopo il rigore sbagliato riesce a fare gol a Buffon. Le sue urla di rimprovero ai compagni, che lo lasciano solo, danno l’immagine di una squadra forte in subbuglio. L’urlo più straziante è quello di De Silvestri, che fa subito capire la gravità dell’infortunio: distorsione al ginocchio. L’urlo più rassicurante è quello di Pirlo: «Mi diverto ancora, continuo fino all’Europeo». L’urlo più incattivito è sempre quello di Antonio Conte, soprattutto dopo il gol annullato a El Shaarawy. Sono i pro e i contro di uno stadio vuoto, dove si sente (e si vede) tutto: «Sul loro gol siamo stati un po’ ingenui — ammette il c.t. — ma eravamo convinti che quello nostro fosse regolare. C’è stata una doppia beffa, l’arbitro avrebbe dovuto almeno trovare un escamotage per fermare il gioco. Abbiamo fatto una buona partita, con personalità e coraggio, ma c’è da lavorare». Non solo per l’Italia: mentre il c.t lascia il campo, i delegati Uefa si avvicinano alla svastica, scattano foto e prendono appunti. Poi tocca ai giardinieri.