Se Bashir fugge da un giudice in Sudafrica
C’èun giudice a Pretoria. Il suo nome non basta a cambiare la storia, il colore della sua pelle non dovrebbe avere importanza. Si chiama Hans Fabricius ed è bianco. E’ lui che ieri ha proibito al presidente sudanese Omar al-Bashir di lasciare il Sudafrica, prima che un tribunale decidesse sulla sua richiesta d’arresto. Dal 2009 su Bashir pende un mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale. Il leader sudanese (appena rieletto con il 94% dei voti) è accusato di crimini contro l’umanità per i massacri che hanno causato oltre 300 mila morti in Darfur. Il Paese di Mandela è tra i 123 firmatari dello Statuto di Roma che ha dato vita alla debole, debolissima Cpi. In teoria, come richiesto dal tribunale (che ha sede all’Aja) Bashir doveva essere arrestato appena atterrato a Johannesburg per il 25° vertice dell’Unione Africana. Invece foto, baci e abbracci con gli altri leader, ospite Zuma in testa. Bashir tornerà a dormire nella sua reggia a Khartoum. Ma il brivido che gli ha procurato Fabricius non è da sottovalutare. La decisione sull’arresto era programmata per oggi in tarda mattinata. Ieri le autorità dell’aeroporto di Johannesburg avevano rifiutato l’ordine di bloccare Bashir nel caso avesse cercato di prendere il volo, il giudice ha chiesto la notifica dei nomi dei funzionari che hanno ricevuto la direttiva: occhio che vi riterrò responsabili. Ma ieri sera si è sparsa la notizia (non confermata) che il ricercato avesse già lasciato il Paese. Il governo aveva anticipato la linea «Free Bashir» da tenere oggi in aula, richiamandosi a un pronunciamento dell’Unione Africana che invita a snobbare la richiesta di arresto. L’Anc, il partito di Mandela, tuona contro la Corte Penale e la sua «mancata indipendenza». In Darfur intanto gli attacchi ai civili, «Bashir style», sono ripresi come non accadeva da anni: 200 mila persone fuggite dalle loro case nei primi mesi del 2015. Edmund Mulet, vice segretario Onu, denuncia al Consiglio di Sicurezza che un’offensiva governativa ha provocato 78 mila sfollati (stremati, affamati), donne e bambini in bilico tra vita e morte. Quel giudice, quel brivido giù per la coda della volpe Bashir, se non bastano a cambiare l’Africa servano da promemoria: anche se non è più «di moda», poco o niente è cambiato in Darfur.
@mikele_farina