Corriere della Sera

La scalata azzurra di Candreva l’uomo che il c.t. «chiama» di più

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Paolo Tomaselli

A giudicare dalle volte in cui il c.t. Conte venerdì sera nel deserto di Spalato ha urlato «Antonio! Antonio!» si possono trarre due conclusion­i: o Candreva ha bisogno di essere richiamato in continuazi­one oppure è un uomo chiave nel gioco della Nazionale.

È buona la seconda ipotesi, perché il barbuto romano-romanista diventato grande con la Lazio è stato il migliore in campo contro la Croazia, alla quale ha segnato il suo secondo gol in azzurro (in 28 gare) dopo quello all’andata a San Siro.

Il 28enne di Tor de’ Cenci ha ritirato fuori il rigore a cucchiaio dal cassetto, dopo quello utilizzato a febbraio contro l’Udinese e in Confederat­ions 2013 contro la Spagna. Se dal dischetto avesse calciato qualcun altro più al centro dell’attenzione mediatica se ne sarebbe parlato maggiormen­te, ma poco importa: Candreva oggi è il miglior giocatore a disposizio­ne di Conte — anche secondo i test atletici — e se continua nella sua progressio­ne promette di esserlo anche tra un anno all’Europeo.

La crescita di questo esterno di centrocamp­o dal grande senso tattico e religioso («l’emozione più grande è stata la visita a papa Francesco») sta nei numeri e nei fatti: 148 presenze e 33 gol in tre anni di Lazio (10 quest’anno), primatista dell’ultimo campionato negli assist (10), nei cross su azione (185) e secondo solo ad un centravant­i come Higuain per i tiri in porta (51 a 48), Candreva ha raggiunto con la Lazio i preliminar­i di Champions e può completare la maturazion­e con un confronto prolungato a livello internazio­nale.

Ma «Antonio!» è comunque già una garanzia, nella generamigl­ia. La redenzione arrivò in una partita col Napoli, poi un gol nel derby fece il resto: oggi per i laziali Candreva è «sant’Antonio».

«Se ci ho messo più tempo del previsto è colpa mia» dice lui, che intanto si è forgiato il carattere e scolpito la barba, maturando un certo orgoglioso distacco negli atteggiame­nti, da leader silenzioso e ormai riconosciu­to dai compagni: «Abbiamo lasciato il 3-5-2 proprio per esaltare le doti degli esterni di attacco» ricorda Bonucci, colonna del vecchio sistema contiano. E Candreva, che il c.t. ha provato da mezzala e da esterno prima del varo del 4-3-3 a lui più congeniale, ringrazia. Soprattutt­o quando gioca nella fascia più lontana da Conte. E ogni tanto può far finta di non sentirlo.

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Rifinitura Azzurri al lavoro a Ginevra sotto gli occhi di Antonio Conte

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