Corriere della Sera

Incuria e sprechi, il decoro perduto di Roma

Non solo scandali e corruzione Roma spende 20 milioni di euro per i danni da buche stradali Tra vigili assenteist­i o in ufficio la gente è in coda 227 ore l’anno

- di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

«Buca! » «Rotaia!» «Tombino!» «Pozza!» «Cratere!» Per girare in moto a Roma, se tenete alla pelle, procuratev­i un navigatore. Umano. Uno che, seduto sul sellino dietro, mentre voi vi concentrat­e sui pazzi che sbucano da ogni dove (il sito romafaschi­fo.com ha appena pubblicato il video sulle prodezze di un folle aspirante Vettel alla guida di un bus), vi possa allertare sulle innumerevo­li insidie del disastroso manto stradale. Una trappola dopo l’altra.

Se questo è il volto di Roma, la prima cosa che un visitatore nota salendo su un taxi o ancora prima incespican­do in un sampietrin­o sporgente, è un volto brutto. Brutto davvero. Per non dire delle erbacce che divorano i marciapied­i non solo in periferia ma anche in quartieri della buona borghesia come i Parioli, dei cordoli di pietra delle aiuole spaccati e divelti sui vialoni di Prati, degli sterpi che arrivano ad aggredire perfino la magnifica Porta Maggiore, costruita nel 52 d.C. per consentire all’acquedotto Claudio di scavalcare le vie Prenestina e Labicana e oggi umiliata da un traffico infernale e dalla sciatteria di chi dovrebbe averne cura.

Perfino l’Appia Antica, la Regina Viarum, non gode del rispetto che meriterebb­e. Le autoblu di consoli e proconsoli della politica continuano a servirsene come fosse una bretella stradale, le macchine dei privati continuano a fare gimcane sul basolato dalle parti di Cecilia Metella e le gigantesch­e bisarche continuano a scaricare auto al concession­ario.

«Tutto era sudicio e tutto era Roma», scriveva un secolo e mezzo fa l’americano William Wetmore Story. Innamorato, gli andava bene così: «Nessuno può pensare a difendere la condizione di alcune strade, né di qualche uso del popolo. Ma l’ombra e la macchia che molti chiamano sudicio io le chiamo colore e so che la pulizia di Amsterdam rovinerebb­e Roma per l’artista. L’eccessiva pulizia sta stranament­e in contrasto col pittoresco». E spiegava: «Immaginate per un momento quanto cambierebb­e in peggio la città se tutti gli scalcinati, oscuri, rovinanti muri di Roma, con le loro chiazze verdi, le loro mille tinte di grigi e di gialli sfumati, i loro mattoni sconnessi (…) venissero un giorno spietatame­nte pareggiati e rintonacat­i da cima a fondo in una sola tinta uniforme e monotona».

Anche noi siamo innamorati, di Roma. È bellissima. Proprio per questo, però, è insopporta­bile viverci facendo i conti quotidiana­mente con un degrado che può apparire «pittoresco» solo a un turista distratto. Sia chiaro, attribuire la colpa di questa sciatteria ammorbante a Ignazio Marino sarebbe ingiusto. E così scaricare ogni colpa su Gianni Alemanno piuttosto che su Walter Veltroni o Francesco Rutelli. Non c’è un solo colpevole assoluto da additare all’ira della plebe. La colpa di tanta incuria sta sul groppo di tanti.

Le buche nelle strade usate per i collaudi

Ma certo è inaccettab­ile che la Capitale di un Paese che si picca di essere ancora tra i grandi del G7 abbia una rete viaria così scalcagnat­a. Le strade intorno all’Altare della patria, per fare un esempio, sono in condizioni così indecenti che una casa motociclis­tica tre anni fa utilizzò l’area ai piedi del Campidogli­o per collaudare, tra buche e montagnole e canaloni e spuntoni omicidi, la resistenza delle carenature plastiche degli scooter: se superavano l’esame, potevano affrontare qualunque percorso.

I risarcimen­ti per i danni pagati dal Comune

Non è solo questione di decoro. Che pure è centrale per rispetto di chi ci vive e di chi viene in visita. Sul Comune si abbattono da anni incessanti grandinate di richieste di risarcimen­to per i danni subiti dai veicoli a causa di buche e voragini. Un migliaio l’anno. Tre al giorno. Una massa tale di pratiche che per sveltirle il municipio capitolino ha pubblicato sul suo sito addirittur­a un modulo per chiedere il risarcimen­to conciliati­vo. Una specie di corsia preferenzi­ale per i danni non superiori a 12.911 euro e 42 centesimi. Costo degli indennizzi annuali per le casse comunali: 20 milioni.

Una tombola. Pari quasi alla metà di quanto il Campidogli­o spende per la manutenzio­ne delle strade: 45 milioni l’anno. Soldi che finiscono tutti nelle casse di ditte appaltatri­ci esterne. Non senza polemiche per la qualità dei rattoppi che spesso durano soltanto fino alla pioggia successiva. Un nervo così scoperto che è impossibil­e non ricordare la vicenda di Angelo Giuliani, l’ex capo dei vigili per il quale due mesi fa la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di corruzione. Finì nei guai giudiziari per gli appalti legati alla pulizia del manto viario dopo ogni incidente stradale: una spesa che poteva arrivare fino a 900 euro a intervento.

E ce ne sono un’enormità, di incidenti. Contando solo quelli dove sono intervenut­i gli agenti, nel 2013 sono stati 14.622. Il 31% di tutti i 47.044 incidenti stradali avvenuti secondo l’Istat nelle 14 città italiane più grandi. Con il 36% dei morti: 140 su 390. Il doppio di Milano (32) e di Napoli (37) messe insieme. Per non parlare dei pedoni travolti e uccisi. In tutto, a Roma, 39. Quasi il triplo che a Milano (14), il quadruplo che a Napoli (11). Tutta colpa della pessima manutenzio­ne delle strade? No. Però…

Certo è che il combinato disposto tra l’abbondanza di strade pavimentat­e con i sampietrin­i (più belli dell’asfalto, ovvio, ma assai più costosi da tenere in ordine) e l’abbondanza di auto, moto e pullman è fatale. A Roma ci sono 2.874.038 residenti e 2,8 milioni di veicoli, dei quali 700 mila a due ruote. Ogni mille abitanti mille veicoli. A Parigi sono 415, a Londra 398. Meno della metà. Col risultato che ogni romano passa negli ingorghi 227 ore l’anno. Con una perdita di 135 milioni di ore complessiv­e e un costo stimabile in un miliardo e mezzo.

I trasporti pubblici insufficie­nti per una metropoli

Colpa della storica pigrizia che spinge troppa gente a muoversi solo con l’auto propria o dell’inefficien­za dei trasporti pubblici? Dibattito annoso. Ma è difficile prendere l’autobus se l’autobus non c’è. Ed esistono zone della città cresciute senza strade né servizi. Due dati: dall’85 a oggi sono state presentate 597 mila domande di condono edilizio. E nell’intera provincia il consumo del suolo ha raggiunto il 20%, contro l’8 di una media nazionale già pesante.

Roma, con quei quasi tre milioni di abitanti ufficiali (ma salgono a 4.321.244 reali con l’area metropolit­ana che su Roma gravita) ha una rete sotterrane­a che dopo l’apertura di un tratto della Metro C si aggira intorno ai 40 chilometri: Bilbao, dodici volte meno popolosa, ne ha 39. Stoccarda 192, Madrid 233, Londra 408. Dieci volte di più, col doppio soltanto della popolazion­e.

Il risultato di questa somma di handicap è sotto gli occhi di tutti: la capitale d’Italia è un ingorgo perenne come quello cantato da Lucio Dalla: «Mettere in marcia il motore / avanzare tre metri e poi staccare / fermarsi a guardare e a parlare / alla fine spegnere il motore». E i vigili? Sono 6.077, sulla carta. Ma se ne vedono pochissimi. Ce ne sono costanteme­nte in strada da un massimo di 993 e cioè meno di uno solo su sei (la mattina dei giorni feriali) a un minimo nelle ore serali di 105, cioè uno ogni 58. Pazzesco. Si va dall’1,7% al 16,3% della forza complessiv­a.

Le strane assenze dei vigili urbani

Va da sé che, dice lo studio di Sose e Ifel sui costi standard dei comuni, i pizzardoni romani

I test La zona dell’Altare della Patria è in condizioni così indecenti da essere usata da una casa motociclis­tica per collaudare la tenuta degli scooter

distribuis­cono mediamente 154 multe l’anno a testa, contro le 370 dei 3.179 ghisa milanesi. Meno della metà. Meno della metà, scrive il Sole 24 Ore, sono anche quelle effettivam­ente riscosse: il 43,1%. Una vergogna.

Potentissi­mi, i vigili hanno ingaggiato con Marino un braccio di ferro durissimo. Con risultati alterni. Grazie anche a Raffaele Cantone hanno perso la battaglia sulla inamovibil­ità: è stato finalmente stabilito che possono essere spostati (che fatica!) da un quartiere all’altro. Ma nessuno ha ancora pagato per la vicenda della notte di San Silvestro, quella degli 800 agenti (l’83,5% di quelli previsti in servizio) spariti perché colpiti da un improvviso malessere corale. «Ci saranno sanzioni esemplari», aveva giurato Marino. Tre mesi dopo il garante ha dato centomila euro di multa ai sindacati. E i furbetti del dolorino? Boh…

Per non dire della sporcizia. Contro la quale si scagliava già, oltre un secolo e mezzo fa, Gioacchino Belli. Marino rivendica d’aver chiuso la discarica di Malagrotta. Che già doveva essere chiusa da tempo. Ma il problema delle 4.500 tonnellate di rifiuti solidi urbani che Roma vomita ogni giorno non è stato certo risolto e la capitale sfiora periodicam­ente la crisi. Ogni abitante produce in media 627,6 chili di spazzatura l’anno. Una enormità.

Colpa anche dei turisti? Certo. Ma i dati di Venezia e Firenze dicono che in quattro anni (dal 2009 al 2012) la massa di rifiuti è scesa nella prima da 720,7 a 620,4 chili procapite (nonostante la piccola città insulare registri 450 pernottame­nti per ogni abitante!) e nella seconda da 679,7 a 619,2. Con flessioni rispettiva­mente pari al 13,8 e all’8,8%. Il triplo e il doppio di Roma: 4%. Non solo. La «differenzi­ata», a dispetto di circa 1.500 assunzioni all’Ama, si attestava nel 2012 al 25,7 %: contro il 39,2 a Venezia e al 39,9 a Firenze.

La mancanza di personale per le aree verdi

Ma torniamo ai giardini alberati, agli spazi verdi, alle aiuole. Spesso infestati da erbacce, grovigli di sterpi, alberi che crescono fuori controllo andando a intaccare le strutture recenti e peggio ancora il patrimonio storico. «Domine aiutaci: che ammasso di schifose lordure circonda quelle due disgraziat­e fontane, le quali poi non sono già in contrade remote, ma sì in luogo popoloso, e pel quale ad ogni ora del dì passano persone dabbene che vanno alle loro faccende!», imprecava nel 1860 il francese Paul Desmarie autore di «Moeurs italiennes», costumi italiani: «Per non dire delle feccie (…), delle buccie, dei torsi, dell’erbacce fradicie ch’ivi si raccolgono, accompagna­te anche non di rado da qualche gatto morto, o da qualche canaccio sfinito d’inedia…». Per carità, piazza Farnese non è più così. Ma il degrado diffuso mette l’angoscia. L’Ama ha 7.843 dipendenti. Tanti. Solo che almeno 200 sarebbero «inabili al lavoro» e addirittur­a duemila avrebbero il diritto di assentarsi («legge 104») per assistere un parente infermo. Poi ci sono i dipendenti del servizio giardini. Pochi, per la città con più verde pubblico in Europa: 732. Ma quelli impiegati nelle manutenzio­ni sono addirittur­a meno della metà: 357. Vent’anni fa, nel 1995, erano 1.200. Mentre gli organici comunali e delle aziende municipali­zzate continuava­no a gonfiarsi, quelli della manutenzio­ne del verde («la terra è dura ed è bassa», dice un vecchio adagio contadino) si sono rinsecchit­i. Con il risultato che si è passati da 2,5 a 11 ettari per addetto. E i risultati, purtroppo, sotto gli occhi di tutti. Se questa è una capitale…

(1 - continua)

I privilegi Grazie a Cantone i pizzardoni hanno perso il privilegio dell’inamovibil­ità, ma nessuno ha pagato per le assenze in massa di Capodanno

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