L’ultimatum: 7 giorni per cambiare L’imbarazzo dell’ «incaricato» Orfini
Il tempo concesso a Marino è breve, servono segnali immediati perché «un sindaco può darli, e Renzi che quel mestiere l’ha fatto lo sa bene. Quindi non anni e neanche mesi»: nell’ultimatum al Campidoglio raccontato da parlamentari renziani è inclusa anche l’indicazione per la via da seguire nel caso in cui da Roma non arrivasse quel messaggio di cambiamento (in città, nella squadra di governo) preteso dal presidente del Consiglio. Ed è una strada senza uscita, almeno per il sindaco Ignazio Marino: porta alle dimissioni.
È ancora da stabilire a chi (eventualmente) toccherà il compito di convincere Marino a lasciare il Campidoglio: c’è chi dice ai vertici del partito (Serracchiani, Guerini), c’è chi punta su Matteo Orfini. Ma di certo tutte le strade di Ignazio Marino adesso portano a un bivio: migliorare («da subito, in una settimana») la qualità della vita dei romani oppure salutarli. L’accerchiamento del Pd, per il momento, si ferma sulla porta dell’ufficio del sindaco e lascia a lui una mossa. Forse, l’ultima.
«Serve un cambiamento, un miglioramento dell’azione amministrativa, fin da subito», conferma in serata Matteo Orfini: dicono sia stato scuro in volto per ore, ieri, sorpreso dall’uppercut portato da Renzi a Marino senza alcun preavviso, neanche per lui che pure aveva difeso il sindaco su mandato dello stesso Renzi. Orfini nega tensioni: «Ho difeso Marino — replica — così come l’ha difeso Renzi. Il mio fastidio, come ho avuto modo di dire a Matteo, è che una questione tanto delicata, una Capitale con tre milioni di abitanti, credo meritasse un approfondimento maggiore di una battuta in un’intervista». E infatti, a Porta a Porta, da Renzi arrivano tutte le spiegazioni possibili: «Nel merito siamo tutti d’accordo», giura Orfini. Ma d’accordo con il terremoto di Renzi sulla Capitale sono sicuramente molti dei parlamentari eletti a Roma nel Pd. Basta ascoltare ciò che sostiene Lorenza Bonaccorsi: «La vicenda romana è molto complessa, e va gestita come tale. Bisogna valutare la situazione: se e come andare avanti». Roberto Morassut, altro parlamentare dem, prima ancora delle parole del presidente del Consiglio da Bruno Vespa, spiega che «Renzi ha dato voce ai romani. L’onestà è una precondizione per fare il sindaco ma non è sufficiente: ci vuole efficienza di governo. L’amministrazione ha manifestato elementi di insufficienza». Tra i parlamentari Pd sono in molti a parlarne: quasi tutti chiedono l’anonimato e ripetono gli stessi concetti riassumibili in poche parole, «Marino deve dimettersi». E pensare che solo pochi giorni fa Gustavo Zagrebelsky, Furio Colombo e altri avevano firmato l’appello «nessuno tocchi Marino» perché rinunciare al sindaco «priverebbe la città di un’occasione di svolta». Oggi a mezzogiorno Orfini incontrerà la stampa: ufficialmente, per presentare la Festa dell’Unità cittadina. Lo stesso Orfini, prima ancora dell’intervento di Renzi in tv, aveva provato a ribadire il sostegno del governo a Marino: «Sì, l’appoggio al sindaco è ancora forte». E però quell’avverbio — ancora — forse ha spiegato la realtà meglio di tanti discorsi: ciò che era accaduto e ciò che stava per accadere.