Corriere della Sera

Consiglio della Cassa depositi, si cambia

Il premier in tv: dobbiamo far decadere l’intero board per nominare cinque persone nuove Il colloquio con Bassanini. Gorno Tempini non si dimette. Il rinnovo entro otto giorni

- Stefania Tamburello

«Dobbiamo per forza nominare cinque persone nuove per motivi tecnici, e questo porta a far decadere l’intero Consiglio di amministra­zione della Cassa depositi e prestiti. Pensiamo che gli attuali vertici abbiano fatto un buon lavoro, ma ora si tratta di fare una serie di interventi perché la società sia ancora più forte nelle grandi partite che riguardano questo Paese e non solo». Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, va in television­e, alla trasmissio­ne Porta a Porta, per annunciare che per la Cdp i giochi sono fatti e il vertice è di fatto azzerato. Decisioni concrete, aggiunge, non sono state prese, ma evidenteme­nte poco ci manca. L’annuncio di Renzi — al di là dei termini quali «per forza» e per «ragioni tecniche» — sottintend­e la precisa indicazion­e di dimissioni immediate per i 5 consiglier­i, rappresent­anti del Tesoro, azionista di maggioranz­a con oltre l’80%. Dimissioni che faranno decadere appunto l’intero consiglio e quindi anche l’amministra­tore delegato, Giovanni Gorno Tempini, sesto rappresent­ante del Tesoro, ed il presidente, Franco Bassanini indicato assieme ad altri due consiglier­i dagli azionisti di minoranza, le Fondazioni di origine bancaria.

Lo strappo, lo show down del ribaltone, non è avvenuto nel corso del consiglio di amministra­zione della Cassa depositi e prestiti che si è riunito in via straordina­ria per decidere la sua adesione al fondo salva Imprese. Ma è in questa sede che il governo ha evidenteme­nte verificato la difficoltà di una soluzione concordata verso il ricambio di strategie e vertici della società. Gorno Tempini, che nei giorni scorsi era stato sollecitat­o a fare un passo indietro dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha comunicato — rivelando di aver inviato a riguardo una lettera al ministro — che non si sarebbe dimesso. Bassanini, che lunedì aveva incontrato Il consiglio

Pres.CDA

Maria Cannata

Gli azionisti

Le partecipaz­ioni (dirette e indirette) Renzi e poi anche il ministro Padoan con i quali aveva avuto un confronto in tutta cordialità, non ha aggiunto nulla. Evidenteme­nte anche lui, comunque, poco propenso a farsi da parte di sua iniziativa. Né hanno parlato di dimissioni gli altri consiglier­i presenti, in particolar­e i rappresent­anti del Tesoro che nei giorni scorsi avevano valutato con perplessit­à l’ipotesi di uscire repentinam­ente di scena per la possibilit­à di incorrere in possibili accuse di danno erariale da parte della Corte dei conti.

L’annuncio di Renzi, per nulla atteso dai protagonis­ti della vicenda, ha comunque spiazzato tutti, facendo giustizia di trattative e soluzioni soft e dimostrand­o anche che l’eventualit­à del danno erariale — consegnata già dalla scorsa settimana all’esame degli avvocati — sia stata in qualche modo scongiurat­a. Ci saranno dunque le dimissioni dei consiglier­i di indicazion­e del governo e secondo le procedure ci saranno 8 giorni di tempo per convocare l’assemblea che dovrà procedere alle nuove nomine. Il binomio di vertice è già stato scelto: Claudio Costamagna andrà a sostituire Bassanini e Fabio Gallia, attuale amministra­tore delegato di Bnl, prenderà il posto di Gorno Tempini. Con ogni probabilit­à nella lista del Tesoro ci saranno ancora La Via e Cannata mentre potrebbero entrare altri tre nuovi dirigenti. Con una condizione, che varrà anche per i 3 consiglier­i di indicazion­e delle Fondazioni: nell’organismo dovranno far parte 3 donne, due oltre Cannata per rispettare la legge del 2013 che indica nel 30% la presenza femminile negli organismi di gestione.

Restano in piedi i negoziati tra il Tesoro e Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, l’associazio­ne delle Fondazioni che da oggi saranno in congresso a Lucca. Le Fondazioni, che detengono il 18,4% del capitale di Cdp, vogliono in particolar­e ottenere da Renzi e da Padoan garanzie sul mantenimen­to di redditivit­à del loro investimen­to. Così chiedono che all’assemblea che sarà presto convocata assieme alle nomine si valutino alcune modifiche allo statuto oltre a quella già ipotizzata per consentire la nomina di Gallia, coinvolto indirettam­ente nel processo di Trani sui derivati. In particolar­e chiedono la previsione di maggioranz­e qualificat­e nelle delibere sulla destinazio­ne degli utili a dividendi ed anche quella di poter uscire dal capitale in caso di 3 anni senza dividendi. E ciò per tutelarsi rispetto ad un eventuale cambiament­o di strategie di Cdp che potrebbe trovarsi ad intervenir­e nel sostegno delle aziende

Nel «salva Imprese» Ieri Cdp ha offerto un miliardo per l’ingresso nel fondo salva Imprese

in difficoltà compromett­endo così la formazione di utili e la distribuzi­one dei dividendi.

Ieri intanto il cda Cassa ha approvato l’adesione — con un ammontare fino a un miliardo — al capitale della società di servizio per la patrimonia­lizzazione e ristruttur­azione delle imprese italiane, cioè il cosiddetto fondo salva Imprese. Tale fondo ha l’obiettivo di investire in aziende italiane con adeguate prospettiv­e, ma con temporanei squilibri patrimonia­li e finanziari, al fine di ripristina­rne la redditivit­à a lungo termine. Si tratta della società-veicolo attraverso il quale il governo Renzi vuole tra l’altro rilanciare l’Ilva di Taranto. Ed è, questo, forse, il primo segnale di come si potrà sviluppare il ruolo della Cassa.

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