Il primato nelle aule frutto del pragmatismo
Ese l’Italia attirasse «cervelli» invece di lasciarseli scappare? È una delle scommesse di Humanitas University, ateneo nato nel 2014 come costola dell’Istituto e che, in un anno di vita, ha già saputo popolare le proprie aule e i propri laboratori di molti studenti stranieri, dei quali una porzione significativa proviene da Paesi extraeuropei, fra cui gli Stati Uniti d’America. Una capacità attrattiva resa possibile dal fatto che nella sua facoltà di medicina (l’altra è quella di scienze infermieristiche) si parla e si studia esclusivamente in inglese. È evidente, tuttavia, che si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente. Il primato culturale, e quindi la «seduttività» verso i giovani talenti si gioca anche e soprattutto su altro: didattica pragmatica e moderna, e anche su questo il giovane ateneo milanese investe molto, e stimoli culturali vivaci e continui. In questo senso, la condivisioni degli spazi e delle idee con alcuni dipartimenti di grande avanguardia è decisiva. Del resto è questo il metodo delle migliori università americane, e non solo, cui guardiamo spesso, e con buone ragioni, come esempi da imitare. C’è da sperare che il coraggio di chi ha voluto Humanitas University sia premiato, per tutti, non solo per loro. Perché è forte nel nostro Paese il bisogno non solo di finanziamenti economici tout-court nella ricerca, ma anche, e soprattutto, di investimenti in modelli culturali capaci di creare un humus adatto all’innesto e alla crescita di intelligenze di cui la nostra società è ricca, e che ora trovano terreni più fertili fuori dai nostri confini. A questo scopo anche l’obiettivo di creare un melting pot studentesco può giocare un ruolo tutt’altro che secondario, perché la creatività in ambito scientifico è nutrita in modo decisivo dallo scambio di visioni e di esperienze diverse, oltre che da ciò che si apprende «a scuola».
Humanitas University in un anno ha attirato gli studenti stranieri: è un melting pot prezioso