Pane o piombo? Un prete dinanzi alla Grande guerra
L’impatto degli eventi bellici nel Lodigiano in un volume di Pallavera e Stroppa (Pmp Edizioni)
«Ci vuole una buona dose d’incoscienza, o d’isterismo patriottico, o di audacia, per invocare una pioggia di piombo quando il popolo domanda del pane». Non aveva timore a scrivere queste parole, il 30 gennaio 1915, don Giovanni Quaini, direttore del settimanale cattolico «Il Cittadino», avverso al conflitto che due anni più tardi Papa Benedetto XV avrebbe bollato con la celebre definizione di «inutile strage».
Quaini, prete sindacalista, fondatore di casse rurali e indomito sostenitore della causa contadina e operaia prima ancora che di quella pacifista (pagate con l’estromissione dal giornale e la chiamata alle armi nel 1917), è uno dei tanti volti che il suo attuale successore Ferruccio Pallavera, primo laico alla guida del foglio diocesano (oggi quotidiano), ripesca dai «margini» della storia e tratteggia nel ponderoso volume scritto con lo storico Angelo Stroppa Il Lodigiano nella Prima guerra mondiale (Pmp Edizioni, pp. 673, 20).
Un volume che, pur senza i crismi canonici della ricerca accademica, s’inserisce nel solco della cosiddetta «microstoria», puntando i riflettori sul terreno locale per illuminare, attraverso i suoi protagonisti, anche il proscenio generale.
L’indagine, condotta su fonti d’archivio e pubblicistica, mette in luce, dati alla mano, soprattutto il ruolo dei cattolici e del clero: prima nel contestare la guerra (dieci sacerdoti furono processati e difesi gratuitamente dall’allora sindacoavvocato di Lodi Riccardo Oliva), poi nel contenerne l’impatto sulle popolazioni con le armi di sempre, assistenza e opere di carità.