IL REALISMO SAGGIO SUI MIGRANTI
L’ondata migratoria che sta arrivando sulle coste italiane è il fenomeno potenzialmente più dirompente sul piano sociale e politico che il nostro Paese si trova ad affrontare dopo il terrorismo. Esso riguarda sì l’Africa e l’Asia ma riguarda innanzitutto l’Italia, l’Italia che non fa figli. Degli immigrati noi abbiamo bisogno: altrimenti nel giro di pochi decenni la nostra economia si fermerà, e saremo condannati a divenire una società di vecchi poveri, senza pensione, isterilita, priva di energie vitali, di creatività. La demografia non è una favola, è una scienza: senza l’immigrazione ci avvieremmo ad una lenta ma irreparabile scomparsa. Quanti dei nostri concittadini ne sono consapevoli?
Noi tutti vogliamo invece che l’Italia viva. E che lo faccia restando il Paese che conosciamo e che si è costruito nei secoli della sua tormentata e lunga storia. Vogliamo legittimamente, insomma, restare italiani. Il che vuol dire, per esempio, con le consuetudini e i costumi che quella storia ha prodotto, e anche godendo di quel passabile livello di sicurezza di cui abbiamo finora sempre goduto nelle nostre città e sui nostri treni, di un livello passabile di decoro urbano, di una tranquilla confidenza nei rapporti sociali come più o meno è sempre stato. Tutto questo è però messo in pericolo — pensa una parte dell’opinione pubblica: in genere quella meno favorita dal punto di vista socio-culturale (questo elemento è politicamente importantissimo) — dall’immigrazione.