Corriere della Sera

La svolta possibile per la Ue

Il vertice di domani Il documento preparato dal presidente Jean-Claude Juncker è un passo decisivo verso una maggiore unione economica. Con una forte assunzione di responsabi­lità dei Parlamenti nazionali

- Di Enzo Moavero Milanesi

In Europa, una settimana operosa si conclude domani con un vertice dei capi di Stato e di governo dall’agenda impegnativ­a. Oltre alla difficile situazione greca e ad altri temi sensibili, si discuterà l’avvenire dell’unione economica e monetaria, sul quale è stata appena pubblicata una complessa relazione. L’autore principale è il presidente della Commission­e europea, Jean-Claude Juncker, che così riporta la sua istituzion­e al centro dell’azione Ue. Il documento va letto bene: è ricco di dettagli, con un calendario preciso e varie novità. Non propugna accelerate integrazio­ni politiche o piattaform­e schiettame­nte federalist­e: bensì, nel solco tradiziona­le, spinge avanti l’unificazio­ne economica, incidendo sulle sovranità nazionali. Merita attenzione — come ha scritto Sergio Romano su queste pagine — perché delinea iniziative che, nel prossimo futuro, avranno una diretta influenza sulla nostra realtà economica, sociale e politica. Vale la pena di evidenziar­ne alcune che rappresent­ano una sfida, magari un’opportunit­à, per il Paese, se decide di tenere il passo di un’Europa che cambia.

La serrata tempistica del programma prevede due fasi. La prima riguarda il prossimo biennio, la seconda i successivi otto (fino al 2025). Nel corso di questo ciclo decennale, devono conseguirs­i grandi obiettivi, riconducib­ili a un trittico, unione economica, finanziari­a e di bilancio, dotato di piena legittimit­à democratic­a. Per ciascun obiettivo, sono indicate caratteris­tiche e azioni. Si ribadisce che andranno adottate ulteriori normative europee da affiancare a quelle degli ultimi anni. Dunque, quest’ultime (incluso il trattato chiamato « Fiscal Compact») non saranno attenuate, semmai chiarite, per renderle meglio comprensib­ili.

L’unione economica implica la creazione di un sistema coordinato di autorità nazionali, indipenden­ti, incaricate di valutare i risultati delle politiche pubbliche di ogni Paese, da cui dipende la sua competitiv­ità. La Commission­e se ne avvarrà per definire vincoli e raccomanda­zioni, al fine di una più stretta convergenz­a delle politiche nazionali in materia economica e del lavoro. Inoltre, si istituisce una procedura ad hoc per intervenir­e sugli squilibri macroecono­mici (già ora, oggetto di specifica sorveglian­za a livello Ue), chiedendo puntuali adempiment­i correttivi ai governi. La novità è molto rilevante per l’Italia che, a maggio 2015, è stata classifica­ta fra i cinque Stati con maggiori squilibri e, quindi, rischia l’apertura di una procedura. Tutte queste iniziative vanno concretizz­ate entro due anni.

L’unione finanziari­a richiede l’immediata accelerazi­one dell’unione bancaria, affiancand­o alla vigilanza unica della Banca centrale europea sugli istituti di credito, un compiuto meccanismo di risoluzion­e delle loro crisi e una garanzia europea sui sistemi nazionali a salvaguard­ia dei depositi dei risparmiat­ori. Si mira, poi, a un più accessibil­e ed efficace mercato europeo dei capitali che amplifichi le fonti di finanziame­nto, a un costo minore, per imprese e cittadini.

L’unione di bilancio vincolerà ulteriorme­nte gli Stati alla disciplina dei parametri Ue relativi ai conti pubblici, al loro equilibrio, alla riduzione del deficit annuo e del debito pubblico. Il documento usa toni aulici, definendo la politica di bilancio responsabi­le «pietra angolare» e insiste sul rispetto delle regole, quale garanzia per tutti i membri. In tempi rapidi, va istituito un nuovo e indipenden­te Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, al fine di scrutinare i bilanci nazionali e la loro esecuzione; la sua opinione sarà pubblica e integrerà quella degli uffici nazionali di recente creati (da noi, l’Ufficio parlamenta­re di Bilancio). Successiva­mente, si pensa di costruire un meccanismo di stabilizza­zione dei bilanci dei Paesi dell’eurozona che, via fondi europei, aiuti a reagire meglio agli shock macroecono­mici ardui da affrontare a livello meramente nazionale. Al riguardo, si precisa che lo strumento potrà essere operativo solo per gli Stati che hanno messo in opera tutte le riforme struttural­i a favore della competitiv­ità, di loro rispettiva competenza; l’intento è di scongiurar­e il cosiddetto rischio morale (« moral hazard» ) suscettibi­le di affievolir­e una corretta e doverosa spinta alla modernizza­zione.

Il capitolo finale del documento Juncker è dedicato alla legittimit­à democratic­a delle azioni preconizza­te, affidata a pubblici dibattiti trasparent­i e segnatamen­te, al Parlamento europeo e a quelli nazionali. Il Parlamento italiano viene, pertanto, chiamato ad assumere un cruciale ed eminente ruolo di garanzia. È in grado di farlo subito, con un’incisiva discussion­e su questo testo e vincolando, fin dall’inizio, il governo con un voto. Può, poi, chiedere — lo dice il documento stesso — ai membri della Commission­e europea di riferire sui provvedime­nti, così come può chiederlo ai ministri — lo prevede la legge n. 234 del 2012 — prima e dopo la loro partecipaz­ione a riunioni in sede Ue. È importanti­ssimo che ciò avvenga: nel supremo interesse della democrazia e di noi cittadini, del Paese e della stessa Unione Europea.

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