Corriere della Sera

La mossa che complica il vertice sul piano di accoglienz­a Ue

Domani i capi di Stato e di governo riuniti per cercare l’accordo finale su accoglienz­a e ricollocam­ento

- DALLA NOSTRA INVIATA Francesca Basso

Dopo l’annuncio della costruzion­e di un muro alto quattro metri al confine con la Serbia per tenere fuori i migranti, l’Ungheria guidata dal premier xenofobo Viktor Orbán torna all’attacco sospendend­o in modo unilateral­e la convenzion­e di Dublino, ovvero il regolament­o dell’Unione europea sui richiedent­i asilo.

Una mossa che arriva a due giorni dal vertice dei capi di Stato e di governo che domani dovrà trovare un accordo non solo sulla Grecia ma anche sull’Agenda immigrazio­ne proposta dalla Commission­e europea per far fronte all’emergenza nel Mediterran­eo. Bruxelles in serata ha chiesto all’Ungheria «un chiariment­o immediato sulla natura e sulla portata del suo impediment­o tecnico» ad accogliere i rifugiati e «sulle misure adottate per porre rimedio alla situazione».

La posizione di Budapest, ancora prima della richiesta di chiariment­i, è questa: «Il sistema di asilo dell’Ungheria è sovraccari­co, il più sovraccari­co tra quelli degli Stati membri colpiti dall’immigrazio­ne illegale». Di qui la decisione di sospendere l’accordo di Dublino «per una durata indetermin­ata» e «per motivi tecnici» non meglio precisati. Il regolament­o Ue stabilisce che le persone in cerca di protezione internazio­nale facciano richiesta nel primo Paese europeo in cui giungono. L’Ungheria dunque non intende riprendere i rifugiati giunti sul suo territorio e poi partiti per un altro Paese Ue (da lì puntano a raggiunger­e la Germania e i Paesi del Nord passando attraverso l’Austria). Secondo il governo di Budapest da inizio anno sarebbero oltre 60 mila i migranti entrati illegalmen­te in Ungheria.

Difficile non vedervi una mossa in polemica con la decisione di Bruxelles di ricollocar­e in modo vincolante tra tutti gli Stati membri i 40 mila migranti richiedent­i asilo approdati sulle coste italiane e greche dal 15 aprile scorso. Per i Paesi dell’Est l’emergenza non è solo il Mediterran­eo ma anche la frontiera dei Balcani. E infatti l’Ungheria si è detta fin da subito contraria al meccanismo di ridistribu­zione obbligator­ia secondo «quote». Sulla stessa posizione anche Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Il primo ministro Robert Fico ieri ha anche fatto sapere che il governo di Bratislava valuterà un referendum qualora dovesse passare il piano di Bruxelles per respingerl­o. Le trattative degli ultimi giorni, così come le bozze conclusive del Consiglio europeo (e come tali passibili fino all’ultimo di modifica), sembrano indicare che domani si troverà l’accordo politico sull’Agenda immigrazio­ne ma è chiaro che i Paesi dell’Est hanno tutte le intenzioni di far pesare un eventuale assenso.

La linea di Orbán C’è chi legge nella decisione del premier Orbán una ripicca per il sistema delle quote

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