Corriere della Sera

Corrotti chiamati con sigle di treni Così il Catania comprava le partite

Soldi agli avversari in cambio di vittorie, in arresto il presidente Pulvirenti

- Giovanni Bianconi

Tutto è partito da una minaccia di morte: due proiettili calibro 9 e due fotografie — una del presidente del Catania Pulvirenti e dell’amministra­tore delegato Cosentino, l’altra di 11 giocatori della squadra —spedite in una busta alla sede della società. Era il 12 gennaio scorso. A marzo, dopo l’ennesima sconfitta, scritte intimidato­rie comparvero sui muti della città. È accaduto allora, accusano adesso inquirenti e investigat­ori, che lo stesso Pulvirenti ha deciso di allontanar­e la paura mettendo in piedi un’associazio­ne a delinquere per comprare le partite e salvare il Catania dalla retrocessi­one in Lega Pro; dal 2 aprile i rossoazzur­ri hanno inanellato quattro vittorie consecutiv­e e una sfumata all’ultimo minuto: conquistat­e non sul campo, ma grazie a «mazzette» elargite ad alcuni giocatori delle squadre avversarie. Obiettivo serie A

I telefoni messi sotto controllo dai poliziotti della Digos su ordine della Procura di Catania per scoprire chi minacciava dirigenti e calciatori hanno svelato una trama fin troppo chiara agli occhi dei pubblici ministeri e del giudice che ieri ha ordinato gli arresti domiciliar­i per 7 componenti della presunta banda, dal presidente in giù. Dai colloqui intercetta­ti emergono frasi che in parte suonano come un’ammissione e in parte indicano l’idea di proseguire sulla strada della truffa, con l’obiettivo di più alti traguardi: «Il Catania ci ha pensato troppo tar... — si lascia andare il 28 aprile Gianluca Impellizze­ri, l’imprendito­re considerat­o uno dei finanziato­ri dell’operazione —... Se non ci pensiamo noi ‘sti cinque partite eravamo retrocessi veramente...». E una settimana più tardi proprio Pulvirenti progetta nuove compravend­ite, verso traguardi più ambiziosi; parlando con un interlocut­ore proclama che «vincerà il prossimo campionato, in quanto ha inquadrato come funziona».

Il sistema — se si dimostrerà fondata la ricostruzi­one della Procura e non quella di Pulvirenti, che sostiene di poter dimostrare la propria «estraneità ai fatti» — viene architetta­to in fretta e funziona sempre allo stesso modo: in vista di ogni incontro venivano individuat­i due o tre calciatori della squadra avversaria disposti a vendere la propria prestazion­e; e una volta assicurata­si la vittoria del Catania, gli organizzat­ori della frode recuperava­no i soldi spesi scommetten­do sul risultato acquisito illegalmen­te; al punto di far sospendere talvolta le puntate per un eccesso di giocate sul risultato concordato. A tre giorni dalla partita contro il Varese, in programma il 2 aprile, il presidente Pulvirenti chiama il direttore sportivo Delli Carri, e lo avverte che «certi discorsi devi andare a farli di presenza... non mi va che facciamo discorsi di altro tipo...». Delli Carri assicura che «quella cosa che lei mi ha detto gliela dico stasera». L’indomani Delli Carri richiama Pulvirenti: «Allora a posto,... mo’ mi ha chiamato e mi ha dato due numeri... 13 e 21», che secondo gli inquirenti altro non sono che i numeri di maglia dei giocatori del Varese disposti a far vincere gli avversari. La partita finisce 3 a 0 per il Catania e tra le fonti di prova ci sono le pagelle dei giornali sportivi che il giorno dopo indicano i due giocatori segnalati fra i peggiori in campo. Il «codice»

Lo schema si ripete settimana dopo settimana, fino alla conquista della salvezza. In vista del derby col Trapani Pulvirenti e Delli Carri parlano della «trattativa» con un nuovo giocatore, e il presidente chiede: «Questo... quanto ha fatto, 15 gol, quanti ne ha fatti?», e Delli Carri risponde: «Diciassett­e». Nell’interpreta­zione degli investigat­ori, il riferiment­o è al prezzo del calciatore da assoldare: da 15.000 a 17.000 euro, e Delli Carri assicura che «99 per cento accetta di venire da noi»; almeno per quella partita in cui il Catania annienta il Trapani per 4 a 1. Nel linguaggio cifrato utilizzato nelle telefonate, Pulvirenti veniva indicato come «il magistrato » , le partite da comprare « l’udienza » o « la causa » ; il prezzo della corruzione era «la tariffa» o «la parcella dell’avvocato», mentre per indicare i giocatori da corrompere si andava su riferiment­i ferroviari: i calciatori venivano definiti «il treno» da prendere, mentre i numeri di maglia corrispond­evano all’orario o al binario. «Partono stanotte alle 3 e 23 o alle 4 e 23», si dissero due inquisiti alla vigilia di Catania-Trapani terminata 4 a 1, con successivi chiariment­i su treni soppressi e orari cambiati. I calciatori individuat­i con questo sistema (quasi sempre autori di prestazion­i scadenti, quando non indicati responsabi­li dei gol che hanno permesso al Catania di restare in serie B) sono indagati a piede libero.

L’intercetta­zione «Partono alle 3 e 23» era il modo per indicare il numero di maglia di chi era stato pagato

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 ??  ?? VARESE-CATANIA 0-3 2 aprile 2015 CATANIA-TRAPANI 4-1 11 aprile 2015 LATINA-CATANIA 1 -2 19 aprile 2015 CATANIA-TERNANA 2-0 24 aprile 2015 CATANIA-LIVORNO 1-1 2 maggio 2015
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