Le aperture chieste dal Papa sui fedeli risposati e i gay nel testo che prepara il Sinodo
L’ipotesi per i divorziati: fare i padrini, insegnare religione e dare l’eucaristia Il documento inviato a tutti i prelati che discuteranno sui temi della famiglia
CITTÀ DEL VATICANO Si è fatto un Sinodo sulla famiglia l’ottobre scorso e un altro se ne farà il prossimo ottobre: la preparazione del secondo Sinodo è a metà del percorso e l’impressione è che si vada a caute aperture su tutti i temi più controversi, dai divorziati risposati ai gay. Non avremo forse le grandi novità che tanti attendevano o temevano, ma sicuramente vi saranno alcuni passi avanti nella direzione delle «scelte coraggiose» che erano state auspicate dalla prima assemblea, tali da poter aprire «cammini pastorali nuovi».
È stato pubblicato ieri il «foglio di lavoro» della prossima assemblea sinodale, redatto dalla Segreteria del Sinodo sulla base della consultazione di tutte le comunità cattoliche nazionali. È un lavoro degli uffici offerto a chi si deve preparare all’assemblea, cioè ai circa 300 vescovi che si riuniranno in rappresentanza di tutti gli episcopati. Come idea guida vi si dice che la Chiesa avverte la necessità di un annuncio del «Vangelo della famiglia» che «dia speranza e non schiacci». Per esempio di fronte alle convivenze prematrimoniali, o ai matrimoni solo civili dovrà essere adottato un atteggiamento di «accompagnamento» che cerchi di guidare «gradualmente » le persone verso la «scelta del matrimonio», presentandolo come «meta da raggiungere».
Sui divorziati risposati, il documento dice che «c’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del Vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversibile». Un accordo sulla questione da affrontare ma non sui possibili esiti. Uno rigorista: «Si suggerisce un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza». Un secondo possibilista: «Altri, per via penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un presbitero a ciò deputato. Questo processo dovrebbe condurre l’interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione».
Fin qui siamo più o meno sulla posizione già emersa nel Sinodo dell’anno scorso. Ma c’è un punto nuovo, che riguarda la possibilità per i divorziati risposati di svolgere alcune funzioni nella Chiesa: «Vanno ripensate le forme di esclusione attualmente praticate nel campo liturgico-pastorale, in quello educativo e in quello caritativo. Dal momento che questi fedeli non sono fuori della Chiesa, si propone di riflettere sulla opportunità di far cadere queste esclusioni». Il documento non le nomina ma si tratta di sette funzioni, in ordine di importanza crescente: testimone di nozze, padrino a battesimo o cresima, lettore in chiesa, catechista, membro di consigli pastorali, insegnante di religione, ministro straordinario dell’Eucaristia.
Sull’omosessualità si riafferma l’inaccettabilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma si coglie un minimo elemento di novità in un rinnovato invito al rispetto: «Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società».