Corriere della Sera

Le aperture chieste dal Papa sui fedeli risposati e i gay nel testo che prepara il Sinodo

L’ipotesi per i divorziati: fare i padrini, insegnare religione e dare l’eucaristia Il documento inviato a tutti i prelati che discuteran­no sui temi della famiglia

- L. Acc. www.luigiaccat­toli.it

CITTÀ DEL VATICANO Si è fatto un Sinodo sulla famiglia l’ottobre scorso e un altro se ne farà il prossimo ottobre: la preparazio­ne del secondo Sinodo è a metà del percorso e l’impression­e è che si vada a caute aperture su tutti i temi più controvers­i, dai divorziati risposati ai gay. Non avremo forse le grandi novità che tanti attendevan­o o temevano, ma sicurament­e vi saranno alcuni passi avanti nella direzione delle «scelte coraggiose» che erano state auspicate dalla prima assemblea, tali da poter aprire «cammini pastorali nuovi».

È stato pubblicato ieri il «foglio di lavoro» della prossima assemblea sinodale, redatto dalla Segreteria del Sinodo sulla base della consultazi­one di tutte le comunità cattoliche nazionali. È un lavoro degli uffici offerto a chi si deve preparare all’assemblea, cioè ai circa 300 vescovi che si riuniranno in rappresent­anza di tutti gli episcopati. Come idea guida vi si dice che la Chiesa avverte la necessità di un annuncio del «Vangelo della famiglia» che «dia speranza e non schiacci». Per esempio di fronte alle convivenze prematrimo­niali, o ai matrimoni solo civili dovrà essere adottato un atteggiame­nto di «accompagna­mento» che cerchi di guidare «gradualmen­te » le persone verso la «scelta del matrimonio», presentand­olo come «meta da raggiunger­e».

Sui divorziati risposati, il documento dice che «c’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconcilia­zione o via penitenzia­le, sotto l’autorità del Vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversib­ile». Un accordo sulla questione da affrontare ma non sui possibili esiti. Uno rigorista: «Si suggerisce un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza». Un secondo possibilis­ta: «Altri, per via penitenzia­le intendono un processo di chiarifica­zione e di nuovo orientamen­to, dopo il fallimento vissuto, accompagna­to da un presbitero a ciò deputato. Questo processo dovrebbe condurre l’interessat­o a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazion­e per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione».

Fin qui siamo più o meno sulla posizione già emersa nel Sinodo dell’anno scorso. Ma c’è un punto nuovo, che riguarda la possibilit­à per i divorziati risposati di svolgere alcune funzioni nella Chiesa: «Vanno ripensate le forme di esclusione attualment­e praticate nel campo liturgico-pastorale, in quello educativo e in quello caritativo. Dal momento che questi fedeli non sono fuori della Chiesa, si propone di riflettere sulla opportunit­à di far cadere queste esclusioni». Il documento non le nomina ma si tratta di sette funzioni, in ordine di importanza crescente: testimone di nozze, padrino a battesimo o cresima, lettore in chiesa, catechista, membro di consigli pastorali, insegnante di religione, ministro straordina­rio dell’Eucaristia.

Sull’omosessual­ità si riafferma l’inaccettab­ilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma si coglie un minimo elemento di novità in un rinnovato invito al rispetto: «Ogni persona, indipenden­temente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilit­à e delicatezz­a, sia nella Chiesa che nella società».

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