Armani, via la camicia Operazione leggerezza
Giacche svuotate, calzoni morbidi, t-shirt e maglie. Lo stilista elimina ogni costrizione, in nome di una eleganza gentile che si concede anche tocchi di rosa
La camicia? Desaparecida. La cravatta? Che la indossi tuttalpiù, come un vezzo civettuolo, la donna. Il (nuovo) uomo leggero e gentile di Giorgio Armani preferisce essere il più libero possibile: t-shirt, maglie e blouson le alternative alla rigidità di coletti e polsini. «Certo che se vedessero Renzi così invece che con la sua solita camicia bianca direbbero: ma cosa si è messo addosso?». Allora signor Armani pensa anche lei che le regole debbano essere infrante? «La provocazione e il coraggio ci vogliono — risponde alludendo senza alludere — ma certi eccessi non servono a nulla: io non ci sto». E neppure è il caso che ci stia, lui che comunque a forza di togliere e svuotare altro che revolution ha fatto in 40 anni di moda. A piccoli passi o a passi rispettosi di un’idea dell’abito che vesta e non travesta. Leggerezza, ecco il nuovo step armaniano: e non crediate sia facile. «Togliere e togliere», ecco la tecnica.
Giacche così svuotate (un po’ più corte ma svettanti) e pantaloni morbidi senza mai perdere il piglio maschile, anche se in pelle. Sopra i capi della libertà cui sopra e ai piedi sandali-mocassini dal piglio sbarazzino che non sono le uniche frivolezze. C’è anche il rosa, per esempio, ma, naturalmente, di una sfumature che non istiga la gomitata al passaggio. Perché l’equilibrio da Armani conta parecchio e le sfumature fanno la differenza nel definire i limiti. Come le braghe rimborsate sotto il ginocchio, a mo’ dei knickerbockers: grigie scuro e di materiale compatto cosicché non facciano giammai odalisca. O quelle con i cinturini alla caviglia per la bicicletta («il mio uomo la preferisce al Suv»)? Blu eleganti. Tanti completi spezzati, altra licenza, e un piccolo cache col arrotolato per puntualizzare questa nuova e leggera e gentile eleganza.
Rosa dominante nella giornata di chiusura delle sfilate milanesi. Così anche da Ermanno Scervino il colore che scaccia i pensieri negativi, sfila leggero (e leggiadro) fra un pantalone mimetico e una giacca in pied de poule. Un’eleganza degagé sottolinea lo stilista di Firenze che per rendere l’idea taglia e sfilaccia completi di lino e cotone tecnicamente tormentati perché restino per sempre come se fossero vissuti, non finiti. Perché il tempo che passa è pur sempre una storia da raccontare. Come certe ossessioni che ritornano: le divise napoleoniche («le adoro», confessa Scervino) o le infradito («un atto di coraggio per sentirsi meno vittime del capoufficio»). Un bel tipo, sì. Sui colori, bel lavoro di Brioni che si è ispirato alle creazioni di Carlo Scarpa e da certe lavorazioni del vetro veneziano che si ritrovano incredibilmente nei tessuti di completi e spolverini e parka.
Da Dsquared2 è il turno del ragazzo svaporato e tatuato, un po’ surfista e un po’ snowbordista, senza dubbio mascalzoncello perché fra una sneakers da trekking, uno zaino da escursione, una canotta da zanza e una braga da rapper indossa legati in vita pezzi di lingerie della (presunta) conquista della notte prima. Brutale il tipo. Grand finale in tute di tulle tatuato. Detto questo il lavoro dei gemelli Caten sulla miriade di pezzi (dal jeans alla mutande) è incredibile
È un lui che è una Alice nel paese meraviglie il riferimento (non casuale) di Stella Jean che si immagina un ragazzo che entra in una botola, finisce dall’altra parte del mondo (luoghi tribali) e poi torna indietro carico di cenni etnici. A forte impatto etnico anche Christian Pellizzari che pensa al militare, al barocco italiano, all’arte e la impana con farina cinese. Più sofisticato (e nobile) l’uomo di Damir Doma, quasi un cavalieri Jedi con tuniche tagliate al vivo e pantaloni morbidi.