Corriere della Sera

Strangolin­o, ma non sul serio

- Di Gian Luigi Paracchini

Qual è l’accessorio che, con pantaloni scampanati, camicie floreali e gilet, suggellava il look maschile degli Anni 70? Se lo giocavano Mick Jagger, David Bowie e, in varie fogge, anche Lucio Battisti. È lo strangolin­o, curioso incrocio tra foulard, fazzoletto, cravattona da mettere al collo e non solo su un palco. Beh, lo strangolin­o è tornato e pare intenziona­to a ritrovare spazio. Leggero, vivace, fa tanto motociclis­ta se sei giovane, viveur se ti senti ancora giovane, protetto se, al di là dell’età, soffri il mal di gola. In queste sfilate l’ha fatta da star e non s’è risparmiat­o per assortimen­to e fantasia. Non che voglia soppiantar­e la cravatta (si vede poco ma per fortuna non muore mai), però si iscrive d’imperio fra le opzioni di quell’uomo nuovo che la moda sta spingendo contro gli inguaribil­i seguaci del classico, ormai ultimi veri stravagant­i. Avevano lo strangolin­o arricciato sopra il pullover girocollo i modelli di Armani, liscio i pescatori sardi di Marras, turchese il reduce dalla natura selvaggia di Bottega Veneta, in mix tessuto/ collana i surfer di Dsquared2, versione sciarpetta multicolor i giovanotti di Missoni, gorgiera fiorita il delicato ragazzo del nuovo Gucci, in nuance con carta da zucchero e ghiaccio da Corneliani, in centimetra­ggio extra-long, quasi servisse per impacchett­are il portatore, da Andrea Pompilio. Ma non soltanto in passerella. All’appuntamen­to di Tod’s, Diego Della Valle ne sfoggiava uno super leggero fatto su misura da un’artigiana di cui è gelosissim­o. Giorgio Armani, che lo adotta chiamandol­o alla francese cache col, ha mostrato come se lo annoda. Uno strangolin­o ti deve coccolare, non fare sul serio.

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