Quando la pubblicità diventa arte Un secolo di immagini Pirelli
«Una musa tra le ruote», a cura di Giovanna Ginex, viene presentato oggi alla Triennale di Milano
Marshall McLuhan, che di comunicazione la sapeva lunga, sentenziava: « La pubblicità è la più grande forma d’arte del XX secolo». Certo, girando in questi giorni per gallerie e fiere d’arte contemporanea, viene davvero la voglia di dargli ragione, soprattutto pensando alla potenza visionaria ed espressiva di tanti messaggi pubblicitari che oggi avvolgono la nostra esistenza. D’altronde, come ricorda Picasso, «L’arte è una finzione che dice la verità». E la pubblicità, pur restando una finzione che dice una paradossale bugia, porta con sé anche un naturale e ricco dialogo con il mondo dell’arte e, quindi, inevitabilmente, con la vita.
Lo conferma un ricco volume ( Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto, edito da Corraini) che ripercorre cent’anni della storia della comunicazione Pirelli. Ma attenzione, non si tratta della classica operazione promozionale di una tra le più importanti aziende italiane, ma al contrario, una vera operazione culturale di rilettura storica del rapporto tra industria e creatività, tra prodotto commerciale d’eccellenza e il mondo della grande illustrazione, del graphic design, della fotografia, dell’arte senza confini e categorie, insomma.
Il volume raccoglie oltre 200 opere realizzate da molti autori, diversi per formazione e linguaggio: dai grandi maestri della cartellonistica italiana come Marcello Dudovich, Aldo Mazza, Leonetto Cappiello, Gino Boccasile, Ilio Negri, sino ai maestri della grafica come Albe Steiner, Bob Noorda, Max Huber, Antonio Boggeri, Pino Tovaglia, Erberto Carboni, Giulio Confalonieri, Alan Fletcher, Massimo Vignelli, per approdare a consacrati artisti come Fortunato Depero, Renato Guttuso, Bruno Munari, Jean Michel Folon e Alessandro Mendini, per citare alcuni nomi.
Il libro presenta un secolo di creatività (dal 1872 al 1972) nata per campagne pubblicitarie, per celebrazioni di anniversari o per illustrare la rivista «Pirelli» sulle cui pagine hanno collaborato grandi scrittori, poeti e giornalisti fissando così un’illuminata e innovativa integrazione tra tecnica e cultura umanistica. Il denso volume, curato da Giovanna Ginex (su progetto della Fondazione Pirelli), sarà presentato oggi alle 19 alla Triennale di Milano alla presenza del presidente Marco Tronchetti Provera, Antonio Calabrò, consigliere delegato della Fondazione, i designer Leonardo Sonnoli e Andrea Braccaloni e con Alessandro Mendini, che quell’avventura l’ha vissuta in prima persona.
È lo stesso Mendini a ricordare quella lontana stagione, anche con una dose di ironia: «Se penso ad allora, penso a Jurassic Park », dice ridendo. E il grande designer continua: «La mia è stata una presenza marginale, se confrontata con altri giganti. Non ero ancora architetto, mi dilettavo a fare disegni umoristici. Mi chiamò Arrigo Castellani che con Leonardo Sinisgalli coordinava la rivista “Pirelli”, per fare dei disegni a metà tra il pubblicitario e l’illustrativo. L’ambiente era quello di una raffinata cultura tecnologica. È stata un’esperienza davvero divertente».
Alessandro Mendini grande e vecchio leone del design riflette sulle trasformazioni avvenute da allora: «Come per il design, anche la grafica italiana ha avuto momenti d’oro. Nomi come Steiner, Provinciali, Iliprandi… Erano e sono dei veri intellettuali. L’esperienza organica di Pirelli lo conferma. In quegli anni, esisteva una potente forza critica, unita a un messaggio di lungimiranza,
Maestri Tra le firme anche Depero, Renato Guttuso, Bruno Munari e Jean Michel Folon
utopia e di speranza».
Sfogliano le pagine di Una musa tra le ruote si coglie proprio questo: il tentativo di creare un grande racconto di un Paese in trasformazione. Cogliendone l’identità, i suoi aspetti sociali più nascosti (Giovanni Mosca disegna un automobilista al volante mentre pensa alle difficoltà e ai piaceri del viaggio) oppure quelli più strettamente tecnologici come nei disegni di Fulvio Bianconi sotto il titolo: «Un pittore ci racconta come nascono i cavi». Si scopre una tavola di Antonio Loiacono (dell’ufficio interno) in cui una donna con una borsa dell’acqua calda accompagna lo slogan che recita: «Calore a portata di mano » . L’iconografia femminile, tipica degli anni Cinquanta, ci riporta a un’idea di rassicurazione, di vera protezione. E ancora, l’indimenticabile efficacia del messaggio di Armando Testa dove un copertone si trasforma in testa di elefante: «Un gigante che farà molta strada».
È dunque la storia di un dialogo fecondo tra arte e industria, ma anche (e soprattutto) il racconto culturale di un Paese. Dialogo che, tra l’altro, Pirelli non ha mai interrotto e persegue oggi attraverso il rapporto con i grandi autori della fotografia (con il celebre Calendario) o con l’influente esperienza di Hangar Bicocca in cui sono presenti sempre artisti di livello internazionale.
D’altronde il legame con gli artisti è sempre stato strettissimo. Basti ricordare il viaggio in Egitto, nel 1959, di Giovanni Pirelli e Renato Guttuso. Quell’escursione sulle sponde del Nilo portò a un articolo firmato da Giovanni Pirelli (con lo pseudonimo Franco Fellini) e a un intero album di disegni. Uno di quei disegni finì in copertina. E non a caso fu proprio Guttuso a realizzare l’ultima cover con un’opera (un ritratto di Vincent van Gogh) prima dell’avvento, inevitabile, della fotografia.
Una nuova stagione stava cominciando. Ha scritto Leonardo Sinisgalli per la scomparsa di Castellani, l’ultimo «dirigente illuminato» ad aver creduto sulla forza del disegno: «Pensavo, fino a qualche anno addietro, che il nostro mestiere fosse quello del giornalista, dell’architetto, dell’illustratore. Ora vedo bene che il deux ex machina è soltanto il fotografo». Aveva ragione. Ma forse resta da dire che sia con il disegno, con la pittura o la fotografia, la musa (tra le ruote) resta sempre lei, l’incantevole evocatrice.