Corriere della Sera

E su pensioni e solidariet­à dalla Consulta un altro verdetto

In Parlamento si apre la partita per la nomina di 3 giudici mancanti

- di Giovanni Bianconi

Stavolta ha prevalso la scelta «responsabi­le», più attenta ai conti dello Stato: la norma è incostituz­ionale, ma la sua cancellazi­one non ha effetti retroattiv­i. È la linea seguita a febbraio, con la decisione sulla Robin Tax, ma abbandonat­a a maggio, quando fu bocciato il blocco dell’indicizzaz­ione delle pensioni. Buco di bilancio evitato, quindi, o quanto meno limitato nelle dimensioni. Era la speranza del governo, che per questo aveva messo in guardia la Consulta attraverso la previsione del deficit provocato da un’eventuale sentenza valida anche per il passato: 35 miliardi di euro.

Anche in questa occasione i giudici costituzio­nali si sono divisi: quasi due giorni di discussion­e, dopo lunghi confronti preliminar­i, sono il segno di una decisione sofferta, arrivata al termine di una contrappos­izione fra tesi divergenti: chi riteneva che i diritti individual­i — protetti e garantiti dalla Carta del 1948 — dovessero prevalere anche per ciò che riguarda il passato, contro chi invece ha sostenuto la necessità del bilanciame­nto con un diritto collettivo, quello dei conti dello Stato in ordine, anch’esso inserito nella Costituzio­ne, sebbene solo di recente. Hanno vinto i fautori della seconda ipotesi, già applicata, quando — con a sentenza numero 10 del 2015 — i giudici della Consulta misero in guardia da pronunce che, attraverso effetti retroattiv­i, possono creare «uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziari­a aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea e internazio­nale».

Di qui la decisione di bocciare la norma viziata da incostituz­ionalità «con decorrenza dalla pubblicazi­one della sentenza», e non anche per il passato. Una strada che il governo auspica sia stata imboccata definitiva­mente dalla Corte, anche per le scelte future destinate a incidere sui conti pubblici. Dopo la Robin Tax, le pensioni e il blocco delle contrattaz­ioni, infatti, c’è un’altra vertenza che dev’essere decisa dal «giudice delle leggi» e che potrebbe gravare sulle casse dello Stato: i nuovi ricorsi contro la norma sul contributo di solidariet­à «a scaglioni» sui vitalizi superiori a una certa soglia. Già nel 2013 la Consulta aveva stabilito l’illegittim­ità della legge varata dal governo Berlusconi e ritoccata da Monti; poi l’esecutivo di Enrico Letta l’ha reintrodot­ta parzialmen­te, ma subito sono cominciati a piovere i ricorsi, fondati pure sulla sentenza del 2013. Al palazzo della Consulta sono già arrivate sei ordinanze di rimessione per non manifesta infondatez­za delle eccezioni di incostituz­ionalità avanzate da pensionati che consideran­o violati i propri diritti.

Sarà una nuova sfida destinata a pesare o meno (ed eventualme­nte in misura variabile) sul bilancio statale, e che la Corte dovrebbe affrontare in una nuova composizio­ne: finalmente completa, con tre nuovi componenti eletti dal Parlamento. Attualment­e i giudici in carica sono 13 su 15, ma fra un paio di settimane scenderann­o a 12 per la scadenza del mandato di Paolo Napolitano. Toccherà al Parlamento in seduta comune scegliere i tre giudici: tutte nomine di derivazion­e politica, per le quali sarà indispensa­bile trovare accordi tra la maggioranz­a di governo e le opposizion­i, vista la necessità di raggiunger­e il quorum dei tre quinti dell’assemblea. In questa chiave, prevedibil­e che il Pd guidato dal premier Matteo Renzi punti su figure che vadano a ingrossare lo schieramen­to dei giudici più «responsabi­li» e attenti alle ricadute economiche dei verdetti.

Decisione Quasi due giorni di discussion­e tra i giudici prima della decisione La scelta Esclusi gli effetti retroattiv­i che possono creare squilibri di bilancio

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