Diffamazione, niente carcere Sì della Camera alla riforma
Multe più salate ma niente carcere per i giornalisti in caso di diffamazione. La Camera ha approvato in seconda lettura la legge sulla diffamazione modificando in parte il testo trasmesso dal Senato e dunque ora si torna a Palazzo Madama. Non sarà consentito l’arresto, ma sarà obbligatoria la rettifica senza commento, con esplicita citazione dell’articolo diffamatorio, del titolo, della data di pubblicazione e dell’autore del testo. Soppressa la norma per la quale è il direttore a rispondere degli articoli non firmati e quella sull’oblio, ovvero il diritto a eliminare dai siti e dai motori di ricerca l’articolo incriminato. Le multe sono però più pesanti, si va dai 5 mila ai 10 mila euro e se c’è dolo, se cioè si è pubblicato un falso consapevolmente, le pene pecuniarie vanno da 10 mila fino a 50 mila euro, con obbligo di pubblicazione della sentenza. Nel caso poi che il giornalista sia recidivo, abbia già pubblicato notizie diffamatorie e sia stato punito con la multa, sarà possibile l’interdizione dalla professione per un periodo che va da uno a sei mesi. Nel caso in cui la rettifica sia stata pubblicata con tempestività, il giudice può decidere per la non punibilità del giornalista. Al contrario, se il giornale non provvedesse con sollecitudine a pubblicare la rettifica o la smentita, il giudice avrebbe facoltà, su richiesta del diffamato, di ordinare la pubblicazione, e in questo caso scatterebbe una sanzione amministrativa da 8 mila a 16 mila euro. Per direttore e vice, una tutela ulteriore: se non c’è evidente concorso con l’autore dell’articolo diffamatorio, rispondono solo per colpa, e solo se è dimostrato un nesso di causalità tra omesso controllo e diffamazione. La pena, rispetto alla precedente normativa, è comunque ridotta di un terzo per il mancato controllo ed esclude in questo caso l’interdizione. «I cittadini ingiustamente diffamati avranno più strumenti di difesa e nello stesso tempo la libertà di informazione è più protetta», commenta Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Giustizia a Montecitorio. «La nostra astensione è stata dettata dalla volontà di avere una seria legge sulla diffamazione che protegge davvero chi fa reale informazione», è la posizione dei membri del M5S in commissione Giustizia. «Stiamo diventando un Paese normale», twitta Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di FI alla Camera.
Multe e rettifica Le sanzioni pecuniarie diventano più salate Giro di vite anche sull’obbligo di rettifica