Corriere della Sera

Libri, arte e cianfrusag­lie Johnny Depp vende casa (e un pezzo della sua vita)

La reggia in Provenza da 23 milioni. La star: lascio tutto lì

- Matteo Persivale

È una versione per milionari della tradizione, americanis­sima, della garage sale suburbana, la vendita nel garage — o sul prato adiacente la villetta monofamili­are — degli oggetti dei quali ci si vuole liberare prima di un trasloco. Johnny Depp, patrimonio personale stimato dalle riviste economiche sui 350 milioni di euro (la saga dei Pirati dei Caraibi da lui interpreta­ta ne ha incassati quasi tre miliardi), vende la casa di St Tropez. Con tutto quello che c’è dentro.

Prezzo: 23,11 milioni di euro per una villa al centro di una proprietà di 1,4 km quadrati con varie casette coloniche, studio da pittore con luminoso skylight, grande piscina con beach bar, «skate park» su misura per chi ama lo skateboard. In più, tutto quello che c’è dentro, tutti gli arredi, ma proprio tutto, verrà venduto insieme con la proprietà: Depp l’ha comprata nel 2001, e quando la storia con Vanessa Paradis (non si sono mai sposati, hanno due figli) è finita nel 2012 (ora lui è sposato con la modella Amber Heard) ha deciso di chiudere anche con i ricordi. Mobili, dvd, libri, chitarre, tappeti.

L’arredament­o è tristement­e All’interno Candelabri e chitarre, oggetti in legno, letti e decorati: chi comprerà la casa di Johnny Depp diventerà proprietar­io anche di tutto questo, oltre che di 12 camere e 12 bagni, in quello che una volta era un piccolo borgo, con tanto di chiesa e piazzetta ispirato allo stile piratesco molto amato dall’attore 52enne originario del Kentucky: un aspetto che rende l’acquisto inviso a persone di gusti più tradiziona­li ma ideale per fans (molto abbienti) di Depp e degli arredi da Isola del tesoro. Qualche astuto imprendito­re potrebbe trasformar­e tutto in un resort per aspiranti ricchi pirati della Provenza a cinque stelle.

Ma quel che impression­a di più è l’aspetto umano di questo affare immobiliar­e. Gli uomini definiscon­o sé stessi, la loro identità, attraverso un complesso insieme di segni: nelle primissime posizioni di questo elenco ci sono i loro oggetti, quello che lo slang americano con la solita mirabile sintesi chiama «my stuff», «la mia roba». Gli uomini, a differenza della maggior parte delle donne, colleziona­no: ricordi di viaggio, penne, foto, t-shirt, jeans, cravatte, fumetti, coltelli da sushi. Sono i loro giocattoli. Oggetti carichi di significat­o per il proprietar­io, spesso soltanto per lui. Madeleine proustiane che un giorno smettono di evocare ricordi belli ma fanno apparire fantasmi. Una vita nuova comporta anche la liberazion­e dall’insicurezz­a degli oggetti, diventati improvvisa­mente nostri nemici.

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