Un gran camino e tanti specchi nel mio rifugio vicino al festival
Monini, una villa «green» come l’olio «Qui nutro la passione per Spoleto»
Quando entra a casa, Maria Flora Monini ritrova novanta volte se stessa. Tante quanti specchi tappezzano l’ingresso rosso pompeiano. Piccoli e grandi, antichi e moderni, sagomati e lineari, etnici e di design, dell’Ikea e d’artista. Come quello di Ugo Nespolo, il primo di tutti. «Un regalo di Francesco Carrozzini (agente pubblicitario, ex marito della direttrice di Vogue Italia Franca Sozzani, ndr), che mi “corteggiava” per la pubblicità. Un giorno gli dissi che adoravo Nespolo, mi portò nel suo atelier e mi regalò quello specchio, di fronte alla panca».
Già, la panca. Un pezzo arrivato nel 2010 insieme alla coppia di poltroncine in legno e velluto verde e panna della sala, davanti al camino. Erano di Gian Carlo Menotti, compositore, padre del Festival dei Due Mondi di Spoleto: «le sole cose che ho preso quando la Fondazione Monini ha acquistato il suo palazzetto medievale in piazza Duomo per farne un centro di documentazione multimediale, la memoria storica del Festival».
Quella di Menotti è la casa che Maria Flora Monini, grinta virile in un fisico da teenager, ha voluto di più. Dopo la sua. «Casa Menotti è un simbolo, rappresenta l’età d’oro in cui Spoleto, grazie al Festival, era un laboratorio di idee a livello mondiale, la culla sperimentale di ogni arte. Abbandonata da tempo e messa all’asta, l’abbiamo presa in memoria del Maestro, nel timore che divenisse oggetto di speculazione privata». La dimora di Maria Flora, a capo con il fratello Zefferino della Monini spa, leader nel mercato dell’extra vergine, è invece un rifugio intimo e bucolico, ai limiti della segretezza, nel primo tratto del Sentiero degli ulivi, strada ad alto tasso mistico e paesaggistico tra Spoleto e Assisi. «L’abbiamo costruita agli inizi degli anni 90 su un terreno di famiglia tutto roccia, faticosamente Dominatore Il camino tuttofare (riscaldamento, cappa, scaldavivande) nella cucina rustica della casa spoletina di Maria Flora Monini ( scavato, spianato, livellato. Il risultato? Una casa come la volevo io: integrata, quasi dissimulata nel paesaggio, che non si vede e, se si vede, è come fosse sempre stata qui». Una grande casa in pietra a bassissimo impatto ambientale, squisitamente orizzontale. Un solo piano, «non come il palazzo storico nel cuore di Spoleto in cui abitavo da ragazza, con quattro grosse rampe di scale senza ascensore».
Una casa tutta luce e colori, «che cambio secondo gli stati d’animo, secondo nuove pagine di vita». Un esempio? L’ampia cucina rustica, di memoria contadina, con il grande camino che, come una volta, fa da riscaldamento, cappa, scaldavivande. «Fino a poco tempo fa aveva pareti vinaccia, una tinta ottenuta dopo un’infinità di tentativi con dieci litri di vino rosso destinati a divenire aceto; ora è verde mela, simbolo di rinnovata freschezza » . Intorno decine di piatti, uno per ogni viaggio: «Gli unici souvenir, insieme agli specchi». Sulle pareti verde salvia della sala esplodono alt r i co l o r i , i quadri più amati. Quelli degli spoletini Piero Raspi ( « un ricordo di famiglia») e Franco Troiani, maestri rispettivamente dell’informale e dell’astrazione geometrica, e l’opera psichedelic-pop della giovane Veronica Montanino. Sul tavolo del salottino vicino alla tv il programma del Festival dei Due Mondi, che i Monini sostengono dalla nascita nel 1958. «Nel 2010, in ricordo del maestro Menotti, abbiamo istituito il Premio Monini Una Finestra sui Due Mondi destinato agli artisti più rappresentativi del Festival; quest’anno andrà a Juliette Gréco per l’addio alle scene con lo spettacolo Merci e al giapponese Shizen Kazama, enfant prodige della danza».
Sancta santorum degli affetti la stanza da letto color panna, spazio di decompressione fisica ed emotiva. Sul comodino, accanto a una radio sveglia con numeri giganti «per vedere bene l’ora», le foto del nipotino, dei due figli da bambini e un libro, Il magico potere del riordino di Marie Kondo, «una piccola Bibbia».
Colori riflessi
Dall’alto, la vista esterna della villa, un solo piano in pietra: «Volevamo integrarla il più possibile nel paesaggio; la piscina; il grande salone con le pareti verde salvia; la proprietaria Maria Flora Monini in veranda e un particolare dei novanta specchi che tappezzano le pareti dell’ingresso rosso pompeiano