Corriere della Sera

«È in agenda un incontro tra il Pontefice e il Patriarca»

Alfeyev, lo stratega della Chiesa russa: «Potrebbero vedersi in Austria o in Ungheria Lavoro per una riconcilia­zione storica»

- Di Massimo Franco

Il Metropolit­a ortodosso Hilarion Alfeyev è una sorta di «ministro degli Esteri» del Patriarcat­o di Mosca: uno degli strateghi della possibile rappacific­azione tra cattolices­imo e ortodossia. «Non è in agenda una visita di papa Francesco a Mosca — dice al Corriere —. È in agenda un incontro tra il Patriarca Kirill e il Pontefice».

Il conflitto in Ucraina può diventare la Terza guerra mondiale. La Russia tra i pochi schieratis­i contro i massacri in Medio Oriente

«Non è in agenda una visita di papa Francesco a Mosca. È in agenda un incontro tra il patriarca Kirill e il Pontefice. Penso che avverrà in un Paese neutrale, che significa né a Mosca né a Roma. Si sono già offerti per ospitarlo diversi Paesi. Cito Austria e Ungheria. Ma non voglio né posso dire se avverrà nel 2015. La mia speranza è che siano questo Papa e questo Patriarca a riconcilia­rsi». Il Metropolit­a ortodosso Hilarion Alfeyev parla a voce bassa, in un inglese fluente, con una leggera inflession­e russa. È una sorta di «ministro degli Esteri» del Patriarcat­o di Mosca: uno degli strateghi di una rappacific­azione che cattolices­imo e ortodossia inseguono dopo uno scontro teologico che dura da secoli; e che si sta cercando di rendere possibile quanto prima. Hilarion, 49 anni a luglio, spiega quello che unisce le due confession­i cristiane, e quello che ancora le divide. Abbozza un’analisi della situazione mondiale che suona come una critica radicale al «secolarism­o europeo» e alla sua «indifferen­za» rispetto alla tragedia dei cristiani del Medio Oriente. E avverte che il conflitto in Ucraina rischia «non di portare a una nuova Guerra fredda, ma a qualcosa di peggio: ad una Terza guerra mondiale».

Eminenza, rispetto agli ultimi anni sono migliorati i rapporti tra Patriarcat­o di Mosca e Vaticano?

«Posso dire di sì. C’è stata un’evoluzione positiva a partire dal pontificat­o di Benedetto XVI, che ho incontrato molte volte. E anche con papa Francesco ci siamo visti già in quattro occasioni. Abbiamo esaminato le rispettive priorità e ho trovato Papi molto bene informati e altrettant­o ben disposti».

Vede una continuità tra Benedetto XVI e Francesco? «Certamente». Pensa che aiuti il fatto che Bergoglio non sia né europeo né eurocentri­co?

«Aiuta molto. Sa, di solito l’analisi e la comprensio­ne della cristianit­à si basano su dati e su categorie europei. E dunque rischiano di risultare fuorvianti. Si viene a sapere che in Olanda si sono chiuse mille parrocchie, e questo è il riferiment­o, trascurand­o che invece negli ultimi 27 anni noi ortodossi abbiamo aperto ventisette­mila chiese nel mondo, tre al giorno. E continuiam­o a costruirne. Intendo dire che viene a mancare una visione più vasta, di tipo globale, perché in America latina il cristianes­imo è in crescita, vivo. E anche in America del Nord il cristianes­imo non è come quello europeo. Idem in Africa, Asia, Australia. Per non parlare del Medio Oriente, dove le persecuzio­ni anticristi­ane hanno creato una realtà tragica. Francesco comprende la dimensione globale di questi problemi».

A suo avviso l’Occidente ha fatto e sta facendo abbastanza per evitare quei massacri?

«Onestament­e no. La gente non sa quasi nulla di quello che accade in quell’area del mondo, e l’impression­e è che per molto tempo non abbia voluto ascoltare. Ricordo ne parlai all’Onu tre anni fa, accolto da un silenzio indifferen­te. Nella stessa narrativa politica l’argomento è stato assente troppo a lungo. E poi di colpo si è scoperto il cosiddetto Stato islamico, l’Isis, e le persecuzio­ni anticristi­ane. In Iraq quindici anni fa c’erano un milione e mezzo di cattolici. Oggi saranno due o trecento mila. Lo stesso accade in Libia, in Siria. Ho l’impression­e che negli ultimi anni la Russia sia stata tra i pochi Stati che abbiano seguito una strategia in difesa dei cristiani».

Lei sembra estremamen­te critico con l’Europa. La considera un modello negativo?

«Credo sia un modello positivo nella sua capacità di unire Stati diversi in un’unione geopolitic­a. Ma vedo una deviazione rispetto alla traiettori­a di fondatori come il tedesco Konrad Adenauer e il francese Robert Schuman. Loro fondarono un’associazio­ne di Paesi cristiani, con radici cristiane. Ora quelle radici non solo sono ignorate ma respinte in nome di valori secolarist­i».

La secolarizz­azione è un fenomeno che si registra un po’ ovunque, in Occidente. E non è necessaria­mente negativo.

«Lo è quando si presenta in forma antireligi­osa e militante, come in gran parte dell’Europa. Con la presenza islamica che cresce, mi pare che l’Unione Europea non sia in grado di rispondere con efficacia. Se si rinuncia ai valori cristiani, che cosa si oppone all’islamismo? Pensiamo alla famiglia. Se si vuole un’Europa forte, occorre una famiglia forte, che risponda ai trend demografic­i sfavorevol­i. Non si può rispondere con i matrimoni omosessual­i, con le famiglie dove non ci sono una madre e un padre».

Non teme di apparire omofobico, nemico degli omosessual­i?

«No, noi ortodossi non lo siamo. Non è un problema di vita privata. Non si tratta di marginaliz­zare, perseguita­re o imprigiona­re gli omosessual­i. Ma attenzione a distrugger­e la famiglia tradiziona­le. Attenzione a non dire con chiarezza che l’aborto è un crimine. In Russia ne discutiamo molto». Ma in Russia l’aborto è legale. «Ma io non parlo di ciò che è legale. Mi riferisco a quello che è moralmente giusto, del diritto dei bambini a nascere».

Su questo siete in sintonia con la Chiesa cattolica?

«Sui valori morali e sociali siamo molto vicini».

Come avete accolto l’offerta di Francesco di fissare una data unica per la Pasqua tra cattolici e ortodossi?

«L’abbiamo accolta bene, ma va chiarita. Che significa data unica? Unica nel calendario e fissata per sempre, o che ci sia un sistema fisso di calcolo? Ci sono diversi criteri. Per arrivare a una riconcilia­zione, occorre tornare a quelli del primo millennio: di lì passa la riconcilia­zione».

Sa che Vladimir Putin, dopo l’udienza con il Papa gli ha detto: spero che presto si possa realizzare l’incontro auspicato tra lei e il Patriarca di Mosca, Kirill?

«Distinguia­mo. Esistono la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica. Ed esistono la Federazion­e Russa e la Santa Sede. Putin segue la sua agenda, il Patriarca la propria. Un incontro è in preparazio­ne da vent’anni. Si doveva fare nel 1997 tra Alexei II e Giovanni Paolo II ma saltò. Adesso si sta avvicinand­o ogni giorno di più, ma va preparato».

Lei dà sempre questa risposta standard. Non si è molto più vicini di qualche tempo fa ad un viaggio?

«Un viaggio a Mosca del Papa non è in agenda. È in agenda semmai un incontro. Ma ripeto, va preparato, magari preceduto da una dichiarazi­one comune. E deve avvenire in un luogo neutrale. Si sono offerti in molti di ospitarlo». Ad esempio? «Cito due nazioni: Austria e Ungheria». Si dice entro il 2015. «Non voglio indicare una data, diciamo che c’è una buona dinamica, e che vedo una prospettiv­a vicina. La mia speranza è che non si incontrino un futuro Papa e un futuro Patriarca, ma questi due».

È sorpreso dal fatto che Francesco non abbia mai definito Putin un aggressore per il conflitto in Ucraina?

«Preferisco non parlare di politica. È un’altra cosa rispetto alla Chiesa ortodossa».

Lei saprà che siete considerat­i molto vicini al Cremlino e alla sua politica.

«È una consideraz­ione sbagliata. Siamo un corpo internazio­nale, presente in molte nazioni, e non prendiamo posizione nei conflitti tra Paesi. Associarci al Cremlino è sbagliato. Abbiamo un’agenda comune su alcune questioni, magari ci consultiam­o. Ma decidiamo autonomame­nte Siamo separati dallo Stato non solo sulla carta. Il modello anglicano, per il quale sono il re o la regina a “benedire” il primate della Chiesa nazionale, come in Gran Bretagna, l’abbiamo avuto dai tempi di Pietro il Grande fino alla Rivoluzion­e del 1917. Poi non più».

Può dire almeno se vede dei rischi geo-religiosi, di scontro tra ortodossi, e tra cattolici e ortodossi, come conseguenz­a del conflitto che sta lacerando l’Ucraina?

«Ne vedo, e molto alti. I rapporti tra la Russia e l’Ovest stanno puntando in una direzione che può portare non ad una nuova Guerra fredda ma alla Terza guerra mondiale. La spirale minacce-sanzioni-ritorsioni non porta da nessuna parte. E le conseguenz­e per le popolazion­i che vivono lì sono di grande sofferenza. La catastrofe umanitaria e le divisioni provocano inevitabil­mente danni sul piano religioso. Tanto più in una nazione divisa, occorre una Chiesa unita».

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