Corriere della Sera

Così il Paese ha già perso

La scelta di sottoporre, il 5 luglio, le richieste europee all’approvazio­ne dei cittadini non è insensata, ma qualunque sarà l’esito del referendum si tratterà di una sconfitta per il leader greco che si rifletterà sul futuro del Paese

- Di Lorenzo Bini Smaghi

Il referendum indetto da Tsipras era forse l’unico esito possibile di un negoziato durato troppo a lungo sul programma di aggiustame­nto della Grecia. È anche nell’interesse di entrambe le parti. Consente ai Paesi europei di dare alla Grecia l’ultima parola, evitando di essere accusati di aver spinto il Paese fuori dall’euro.

Sembrerebb­e essere anche nell’interesse di Tsipras, che può cosi sostenere di aver cercato fino all’ultimo di difendere le sue promesse elettorali, in base alle quali è stato eletto, e di rimettersi alla volontà popolare per una decisione di questa portata.

In realtà, per Tsipras si tratta di una sconfitta, che i greci pagheranno caro indipenden­temente dall’esito del referendum.

La settimana entrante rischia di essere drammatica per i cittadini di quel Paese. Chi non è ancora riuscito a ritirare i propri risparmi in euro dalle banche, nel timore che un passaggio alla nuova moneta, il giorno dopo il referendum, ne dimezzi il valore, cercherà di farlo nei prossimi giorni, ma molto probabilme­nte non ci riuscirà. Data l’incertezza sulla permanenza della Grecia nell’euro, la Bce non potrà più erogare liquidità alle banche elleniche, che si troveranno a loro volta impossibil­itate di fornire euro ai loro clienti. Nel timore di lunghe file ai bancomat e agli sportelli, il governo dovrà imporre la chiusura temporanea delle banche, o limitare a poche decine di euro l’ammontare di banconote che ciascun greco potrà ritirare. C’è già stato il precedente di Cipro, ma lì si sapeva che la misura sarebbe stata temporanea perché il Paese aveva accettato il programma di risanament­o. In Grecia, invece, il rischio di veder svanire, dopo il 6 luglio, una buona parte dei propri risparmi può spingere a comportame­nti che si traducono in forti tensioni sociali e politiche nei giorni che precedono la consultazi­one.

Se al referendum vince il sì al programma europeo, Tsipras sarà obbligato ad attuarlo, anche contro la volontà del suo partito. Potrebbe essere obbligato a nuove elezioni entro breve, dall’esito incerto visto che l’immagine di novità e di determinaz­ione del primo ministro escono ridimensio­nati da sei mesi di trattative con i partner europei, terminates­i con un ultimatum. Tsipras non ha capito che il mandato dei suoi elettori era sopratutto quello di far rimanere la Grecia in Europa, e nell’euro, ma di ottenere condizioni migliori di quelle dei suoi predecesso­ri. In questo ha fallito. Il leader greco avrà poi perso le fiducia degli altri capi di governo europei, che è riuscito ad unire contro di sé in un negoziato esasperant­e e inconclude­nte.

Se al referendum vince il no all’Europa, Tsipras si troverà a dover gestire una uscita della Grecia dall’euro in condizioni drammatich­e. L’adozione di una nuova moneta, di un nuovo quadro di legislazio­ne monetaria per consentire alla banca centrale greca di finanziare il disavanzo

Problemi gravi Se dovesse vincere il no il primo ministro si troverà a dover gestire un’uscita dalla moneta unica in condizioni drammatich­e

di bilancio, determiner­à una forte svalutazio­ne, con ripercussi­oni negative sui risparmi e sul valore reale di stipendi e pensioni. Per evitare il collasso del sistema finanziari­o, che avrà bisogno di nuove iniezioni di capitale, Tsipras dovrà comunque negoziare con le istituzion­i internazio­nali per ottenere nuovi aiuti, che saranno inevitabil­mente legati a condizioni più rigorose. Il default farà scattare cause internazio­nali con i creditori privati, che imbriglier­anno la Grecia per anni, come dimostra l’esempio dell’Argentina. In un generale contesto di incertezza gli investitor­i, greco o esteri, tenderanno a ritirarsi, come dimostrano le recenti proteste dei nuovi proprietar­i cinesi del porto del Pireo, con effetti recessivi sull’economia greca, poco aperta alla concorrenz­a internazio­nale. Non è detto che il governo Tsipras riesca a sopravvive­re in un tale scenario.

La scelta di Tsipras di indire un referendum era forse inevitabil­e, l’unico modo di uscire dall’impasse negoziale in cui si era infilato. Ma nel tempo rappresent­a una soluzione «lose-lose», in cui rischia di perdere indipenden­temente dall’esito. E con lui la Grecia.

Uno spunto di riflession­e importante per chi, in altri Paesi europei, propone simili referendum.

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