Così il Paese ha già perso
La scelta di sottoporre, il 5 luglio, le richieste europee all’approvazione dei cittadini non è insensata, ma qualunque sarà l’esito del referendum si tratterà di una sconfitta per il leader greco che si rifletterà sul futuro del Paese
Il referendum indetto da Tsipras era forse l’unico esito possibile di un negoziato durato troppo a lungo sul programma di aggiustamento della Grecia. È anche nell’interesse di entrambe le parti. Consente ai Paesi europei di dare alla Grecia l’ultima parola, evitando di essere accusati di aver spinto il Paese fuori dall’euro.
Sembrerebbe essere anche nell’interesse di Tsipras, che può cosi sostenere di aver cercato fino all’ultimo di difendere le sue promesse elettorali, in base alle quali è stato eletto, e di rimettersi alla volontà popolare per una decisione di questa portata.
In realtà, per Tsipras si tratta di una sconfitta, che i greci pagheranno caro indipendentemente dall’esito del referendum.
La settimana entrante rischia di essere drammatica per i cittadini di quel Paese. Chi non è ancora riuscito a ritirare i propri risparmi in euro dalle banche, nel timore che un passaggio alla nuova moneta, il giorno dopo il referendum, ne dimezzi il valore, cercherà di farlo nei prossimi giorni, ma molto probabilmente non ci riuscirà. Data l’incertezza sulla permanenza della Grecia nell’euro, la Bce non potrà più erogare liquidità alle banche elleniche, che si troveranno a loro volta impossibilitate di fornire euro ai loro clienti. Nel timore di lunghe file ai bancomat e agli sportelli, il governo dovrà imporre la chiusura temporanea delle banche, o limitare a poche decine di euro l’ammontare di banconote che ciascun greco potrà ritirare. C’è già stato il precedente di Cipro, ma lì si sapeva che la misura sarebbe stata temporanea perché il Paese aveva accettato il programma di risanamento. In Grecia, invece, il rischio di veder svanire, dopo il 6 luglio, una buona parte dei propri risparmi può spingere a comportamenti che si traducono in forti tensioni sociali e politiche nei giorni che precedono la consultazione.
Se al referendum vince il sì al programma europeo, Tsipras sarà obbligato ad attuarlo, anche contro la volontà del suo partito. Potrebbe essere obbligato a nuove elezioni entro breve, dall’esito incerto visto che l’immagine di novità e di determinazione del primo ministro escono ridimensionati da sei mesi di trattative con i partner europei, terminatesi con un ultimatum. Tsipras non ha capito che il mandato dei suoi elettori era sopratutto quello di far rimanere la Grecia in Europa, e nell’euro, ma di ottenere condizioni migliori di quelle dei suoi predecessori. In questo ha fallito. Il leader greco avrà poi perso le fiducia degli altri capi di governo europei, che è riuscito ad unire contro di sé in un negoziato esasperante e inconcludente.
Se al referendum vince il no all’Europa, Tsipras si troverà a dover gestire una uscita della Grecia dall’euro in condizioni drammatiche. L’adozione di una nuova moneta, di un nuovo quadro di legislazione monetaria per consentire alla banca centrale greca di finanziare il disavanzo
Problemi gravi Se dovesse vincere il no il primo ministro si troverà a dover gestire un’uscita dalla moneta unica in condizioni drammatiche
di bilancio, determinerà una forte svalutazione, con ripercussioni negative sui risparmi e sul valore reale di stipendi e pensioni. Per evitare il collasso del sistema finanziario, che avrà bisogno di nuove iniezioni di capitale, Tsipras dovrà comunque negoziare con le istituzioni internazionali per ottenere nuovi aiuti, che saranno inevitabilmente legati a condizioni più rigorose. Il default farà scattare cause internazionali con i creditori privati, che imbriglieranno la Grecia per anni, come dimostra l’esempio dell’Argentina. In un generale contesto di incertezza gli investitori, greco o esteri, tenderanno a ritirarsi, come dimostrano le recenti proteste dei nuovi proprietari cinesi del porto del Pireo, con effetti recessivi sull’economia greca, poco aperta alla concorrenza internazionale. Non è detto che il governo Tsipras riesca a sopravvivere in un tale scenario.
La scelta di Tsipras di indire un referendum era forse inevitabile, l’unico modo di uscire dall’impasse negoziale in cui si era infilato. Ma nel tempo rappresenta una soluzione «lose-lose», in cui rischia di perdere indipendentemente dall’esito. E con lui la Grecia.
Uno spunto di riflessione importante per chi, in altri Paesi europei, propone simili referendum.