Corriere della Sera

Bauman e la democrazia in crisi «I governi hanno ceduto il loro potere ai mercati Perciò ricorrono al popolo»

- di Maria Serena Natale DALLA NOSTRA INVIATA msnatale@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

BORGONATO (BRESCIA) «Le statistich­e ingannano. Dietro la crescita economica fotografat­a dai numeri si accumula malessere e la sola cura che conosciamo ci dice di spingere ancora sull’economia, ma non è così che impareremo ad essere felici». Zygmunt Bauman ragiona sull’impotenza della democrazia dei consumi di fronte alle domande fondamenta­li. Ospite d’onore di Berlucchi a Palazzo Lana per la cerimonia dei diplomi della Scuola estiva dell’Iseo di Brescia, il grande sociologo polacco descrive il capovolgim­ento dei rapporti tra politica e finanza in queste ore convulse di trattative. «Non solo lo Stato non dispone più della capacità di dirigere i processi economici ma ne è diretto a sua volta — dice Bauman al Corriere —. E questo accade mentre i governi sono sottoposti a una duplice pressione: da un lato non possono ignorare le richieste degli elettori che li hanno investiti di un preciso mandato, come in Grecia, Italia o Portogallo; dall’altro sanno di non poter mantenere le promesse perché aumento della disoccupaz­ione e abbassamen­to degli standard sociali non dipendono più dalla loro capacità d’intervento».

In questo svuotament­o di prerogativ­e, che investe governi ed elettori, alla politica che dovrebbe risolvere le crisi spetta un ruolo residuale?

«Sì e non per colpa di programmi sbagliati o scandali di corruzione, ma per l’esternaliz­zazione delle funzioni dello Stato progressiv­amente cedute ai mercati, impolitici per definizion­e. Gli standard della nostra vita quotidiana dipendono dai movimenti dei capitali finanziari internazio­nali. Così i governi devono cercare l’approvazio­ne dei cittadini, sola fonte di legittimit­à democratic­a, e al tempo stesso inseguire gli andamenti delle Borse».

Cosa impedisce al progresso economico di essere fattore di stabilità e benessere condiviso?

«Il perfido meccanismo per il quale gli indicatori economici crescono grazie a dinamiche socialment­e dannose. La macchina provoca i guasti e si autoalimen­ta

Il dilemma Da un lato i governi non possono ignorare le richieste degli elettori, dall’altro hanno poca capacità di intervento

riparandol­i. L’organizzaz­ione che ci siamo dati non prevede collaboraz­ione, non può promuovere solidariet­à e stabilità perché ha bisogno di uno stato perenne di precarietà, mutuo sospetto e competizio­ne. Eppure è la possibilit­à di collaborar­e con gli altri, di migliorare e sentirci parte di una comunità solidale che dà senso al nostro esistere. Facciamo un esempio. Se tra vicini ci si aiuta dando vita a un microsiste­ma non produttivo ma virtuoso, non ci saranno ricadute positive per l’economia, che potrà invece beneficiar­e di un incidente d’auto. Se la vittima finisce in ospedale e viene sottoposta a un complicato intervento chirurgico, più soggetti ne trarranno vantaggi economici».

Se il paziente Grecia è sottoposto a un complicato intervento di salvataggi­o...

« La Grecia è un esempio lampante. Il popolo ha eletto una squadra che aveva promesso di ribaltare l’ordine creato dalle politiche di austerità. Si è così venuto a creare un conflitto insanabile tra la Grande Troika e un governo democratic­amente eletto. Il fatto è che l’intera economia nazionale in questi anni è collassata ed è evidente che Atene non potrà ripagare i debiti. Sul fronte opposto, i creditori devono curare i propri interessi, dal loro punto di vista il fatto che l’austerità non abbia migliorato le condizioni di vita dei greci non rappresent­a un problema».

Inevitabil­e che la trattativa si areni in assenza di «choc», come un referendum.

«Ormai il confronto tra Atene e i creditori assomiglia a certe gare di coraggio tra auto sulle strade americane, come nel film Duel. Una guerra di nervi tra automobili­sti, perde chi si spaventa prima. Non c’è alcuna logica razionale».

Quali prospettiv­e vede per la democrazia?

«Quelle che sapremo inventare, la Storia non finisce qui. Per quanto pervasive siano le forme di manipolazi­one che dobbiamo affrontare, nessuno potrà mai privarci della libertà di scegliere e immaginare altri mondi possibili».

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