Corriere della Sera

Tra storia e Corano: quegli inviti alla lotta (e alla purezza)

- Di Roberto Tottoli

Il mese sacro musulmano è il periodo in cui i credenti digiunano di giorno e si raccolgono di notte per recitazion­i coraniche o una vita sociale che vuole sottolinea­re lo spirito comunitari­o. Purezza di intenti e bontà di azione valgono come digiuno e astensioni.

Le rivendicaz­ioni dell’Isis hanno sottolinea­to il significat­o di attentati accaduti di venerdì e di Ramadan. Compiere un atto lodevole di venerdì o di Ramadan vale dieci, cento volte tanto e garantisce una via privilegia­ta verso il paradiso. Tutta la tradizione e soprattutt­o i detti del profeta Maometto sono pieni di dettagli in proposito. Il jihad, nei suoi molteplici significat­i, dall’approfondi­mento della fede personale al combattime­nto contro i nemici delle fede, è sempre atto meritevole e vale ancor di più se compiuto nel mese di Ramadan. La prima grande battaglia di Badr (624 d.C.) in cui i Meccani furono sconfitti dai musulmani guidati da Maometto accadde di Ramadan e molte altre tappe della storia musulmana raccontano di come il jihad realizzato nel mese sacro abbia valore ineguaglia­bile. La stretta connession­e tra le due concezioni è sottolinea­ta da quelle tradizioni che permettono al mujahid, ovvero a colui che compie il jihad, di interrompe­re il digiuno per non debilitars­i e quindi compromett­ere l’efficacia delle sue azioni.

L’immaginari­o elementare e distorto dell’Isis può contare sull’efficacia e anche la banalizzaz­ione di concetti fondamenta­li presenti e ripetuti nelle tradizioni più antiche. Il martirio, il jihad e l’eccellenza del Ramadan si trovano uniti nella retorica che accompagna questi attentati, rivendican­do una valenza simbolica che trova un facile riferiment­o nella storia islamica.

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