La rivolta e la rassegnazione Quei corpi di donne in prima linea
Dopo gli spari, il sangue sulla sabbia, la velocità forsennata e la morte a bordo piscina resta la fissità senza scampo delle immagini. La storia parallela di comparse e testimoni, come le due donne delle foto qui accanto. La donna che si scaglia contro un sospetto complice dell’attentatore di Sousse in Tunisia, la donna prelevata dalla polizia nel quartiere dell’assassino di Saint-Quentin-Fallavier in Francia. La prima è minuta, le braccia tese ad afferrare l’uomo che cerca di difendersi a capo chino, i capelli raccolti all’indietro, il volto contratto nello sforzo, i denti stretti per la rabbia. Indossa abiti occidentali, jeans, camicia e t-shirt che non danno scandalo nella laica Tunisia presa di mira dagli estremisti. La seconda, appartenente alla rete familiare di Yassin Salhi, il predicatore convertito autore dell’attacco alla fabbrica, avanza coperta da un lenzuolo dal quale spuntano le gambe della bimba che porta sulle spalle, il corpo trascinato come un peso, madre e figlia unite in un’unica forma indistinta. Ribellione e rassegnazione. Lo scatto d’ira e l’accettazione di un destino forse scelto, forse subìto. Due volti, un enigma, la donna nel mondo islamico. Se il corpo è il primo spazio politico, la liberazione dall’oscurantismo dovrà passare dall’emancipazione femminile, dalla riappropriazione di quel corpo «consegnato» al volere altrui, come sanno — e temono — i talebani che negano l’istruzione alle bambine, i fanatici che coprono il volto delle loro donne, gli ideologi che riducono l’identità femminile al ruolo di spose e madri di martiri. Il futuro, in un mondo sconvolto dal fanatismo che riduce la religione a strumento d’oppressione, appartiene alle donne che appena superati i confini dello Stato islamico lasciano esplodere la vitalità dei corpi e i colori degli abiti proibiti togliendosi un velo non scelto consapevolmente ma imposto, che combattono per il diritto allo studio, che alzano la voce e le mani contro l’abuso e la sorda legge della violenza.