Corriere della Sera

Renzi e la mediazione sul Senato: alla minoranza qualcosa va concesso

Nessun cambio all’Italicum. L’idea dell’elezione diretta tra i candidati ai consigli regionali

- di Maria Teresa Meli

Matteo Renzi si sta già preparando alla prossima battaglia parlamenta­re. Quella sulla riforma costituzio­nale che elimina il bicamerali­smo perfetto e modifica il Titolo V della Costituzio­ne.

Sa perfettame­nte che non sarà facile perché i tempi sono strettissi­mi, per cui questa volta è più che mai necessaria una vera e propria mediazione con la minoranza interna.

«In una settimana — spiega il presidente del Consiglio — abbiamo chiuso la vicenda della scuola, il “caso De Luca”, senza nessuna leggina ad personam, il decreto sulle banche e le deleghe fiscali. Abbiamo rilanciato il tema dell’immigrazio­ne in Europa e ora faremo ripartire L’Unità. Adesso toccherà alla Pubblica amministra­zione e alla riforma costituzio­nale, con buona pace di chi dice che non facciamo niente».

Già, la riforma costituzio­nale. Per ottenerla il premier non intende fare nessuno scambio con la legge elettorale: «Non cambierò l’Italicum». Su questo punto Renzi sembra veramente inflessibi­le. Lo ripete ai suoi da giorni: «Non ci sono spazi per modifiche». Però sa anche di non poter essere troppo intransige­nte sul ddl Boschi e con i collaborat­ori e i parlamenta­ri a lui più vicini ammette: «Sul fronte della riforma costituzio­nale comunque qualcosa va concesso».

È indispensa­bile. Non tanto per una questione di numeri (il presidente del Consiglio continua a sostenere di averli anche a Palazzo Madama), quanto di tempi.

Sì, perché per raggiunger­e il suo vero obiettivo il premier deve affrettars­i: «Le elezioni amministra­tive si voteranno lo stesso giorno del referendum consultivo».

Il che vuol dire che il ddl Boschi deve passare nell’aula del Senato assolutame­nte entro luglio per poi andare a spron battuto alla Camera per una prima lettura conforme a quella di Palazzo Madama. E poi fare la seconda navetta nei due rami del Parlamento: di nuovo in Senato a ottobre e a Montecitor­io a dicembre. Altrimenti non c’è il tempo sufficient­e per indire il referendum consultivo insieme alle Amministra­tive.

I costituzio­nalisti vicini al presidente del Consiglio hanno studiato che comprimend­o al massimo i tempi ci vogliono cinque mesi e mezzo dall’approvazio­ne del ddl per riuscire in questo tipo di «election day» a cui Renzi tiene tanto. Significa che il patto dovrà essere blindato in contempora­nea sia con la minoranza del Senato che con quella della Camera. In modo che ciò che viene fatto a luglio a Palazzo Madama non venga disfatto a settembre a Montecitor­io. Sempre per accelerare i tempi è possibile che la Pubblica amministra­zione, che avrebbe dovuto precedere il ddl Boschi, passi invece in coda.

La mediazione con la minoranza, in realtà, è già in corso da settimane, proprio perché il presidente del Consiglio ha fretta di terminare questa partita. L’oggetto della trattativa è principalm­ente il sistema di elezione dei senatori. Il loro nome dovrebbe essere scritto su una scheda, ma sempre nell’ambito del voto per i consiglier­i regionali, come in una sorta di listino a parte. Se c’è una certa speranza di riuscire a trovare alla fine una quadra con la minoranza interna, i vertici del Pd ritengono invece che sia impossibil­e convincere Forza Italia a entrare nella partita. Nei giorni scorsi il premier ha fatto ai suoi collaborat­ori questo ragionamen­to: «Credo che alla fine un pezzo di FI “si farà coinvolger­e”, ma non ci sarà un accordo pieno, anche se io penso che prima o poi Berlusconi dovrà porsi il problema di non “schiacciar­si” troppo su Salvini e di non farsi sovrastare da lui».

Eppure dicono che all’ex Cavaliere questo patto, finora, stia più che bene e che abbia promesso addirittur­a al leader della Lega la premiershi­p, quando vi saranno le elezioni politiche, riservando a un esponente di Forza Italia solo il ruolo di numero due di Salvini.

Comunque, Matteo Renzi, che continua a diffondere ottimismo ( e a essere sul serio convinto di farcela) sa che la partita della riforma costituzio­nale non sarà facile. È conscio del fatto che una parte del Pd (ieri la minoranza gliene ha dette di cotte e di crude), che Forza Italia, la Lega e i grillini sarebbero disposti ad allearsi insieme in Parlamento pur di metterlo all’angolo: «So bene che vogliono spianarmi, ma non hanno alternativ­e. Perciò io andrò avanti come ho sempre fatto e accelererò su tutte le riforme».

Le convergenz­e Il leader pd è convinto che alla fine una parte di FI convergerà ma senza un’intesa piena

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