E IL GOVERNO CAMPANO NON RIGUARDA PIÙ RENZI
Renzi ha fatto la cosa giusta. Anzi: l’unica cosa giusta che poteva fare. Nell’affrontare il caso De Luca, un caso politico destinato a confermare lo stereotipo di una italianità arruffona, è riuscito a portarsi fuori, con uno strappo alla Barone di Münchhausen, dal guazzabuglio tecnicogiuridico in cui eravamo. Un guazzabuglio determinatosi con l’elezione di un governatore destinato a essere sospeso per effetto di una legge, la Severino, discutibile quanto si vuole, contestata sebbene approvata con enfasi e su cui pende un’eccezione di incostituzionalità, ma che fino a prova contraria è e resta una legge dello Stato. Con la sospensione di De Luca, Renzi ha messo il punto a un brutto racconto, che però in parte aveva contribuito a scrivere. Ora, per rendere netto il valore della sua scelta, oltre a sospendere De Luca, non ha fatto altro. In particolare, non ha firmato quel provvedimento correttivo della Severino e protettivo degli atti compiuti dal governatore prima della sospensione, che fino all’altra sera era dato per scontato. Un provvedimento che i più avrebbero bollato come ad personam e altri, più zelanti, avrebbero invece definito ad institutionem, teso a garantire la funzione, non la persona, ma che avrebbe comunque provocato un finimondo. Tra l’altro, e non è poco, si salva il sacro principio secondo cui non le leggi si adattano al Palazzo, ma questo a quelle. Con un governatore eletto e già sospeso, e con un Consiglio regionale della Campania che non può essere sciolto, perché la Severino non lo prevede, il problema è, ora, come garantire la governabilità. Con sfrontatezza, quasi imitando Crozza che a sua volta lo imita, De Luca ha sempre sostenuto che ci avrebbe pensato lui; che la Severino poteva essere «impacchettata e messa nel frigo»; e che il problema si sarebbe risolto. Così dicendo aveva indotto il Pd e Renzi a credergli, sin dai tempi delle primarie. Ora i destini si separano. Risolvibile? E allora risolvi, gli manda a dire Renzi. Con tanti auguri.