Corriere della Sera

Lavoro, la scossa alle regole piace ai consulenti Timori sulla fine degli sgravi

- Isidoro Trovato itrovato@corriere.it

La riforma del lavoro? Meglio di niente. Di sicuro non risolutiva della crisi, per la quale occorrereb­bero semmai interventi struttural­i economici, ma è pur sempre un inizio. È questo uno dei risultati emersi da un sondaggio della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro presso gli iscritti e presentato durante il Festival del lavoro in corso a Palermo, chiuso ieri.

Alla domanda da quanto tempo i lavoratori assunti erano inquadrati dalla stessa azienda con contratti flessibili è emerso che quasi il 90 per cento era occupato da meno di due anni. E solo il 10 per cento dei datori di lavoro si ritiene soddisfatt­o dei contenuti del «Jobs act» in quanto ritenuto uno strumento essenziale per lo sviluppo dell’impresa.

Un terzo dichiara che avrebbe preferito un’altra tipologia di intervento o addirittur­a lo trova inutile. Ma la preoccupaz­ione maggiore degli intervista­ti riguarda cosa accadrà tra 36 mesi e cioè alla fine degli incentivi previsti dalla legge di Stabilità 2015 e che consente ai datori di lavoro di non pagare i contributi Inps per tre anni fino a poco più di otto mila euro.

È evidente che l’operazione del governo sia quella di creare un volano positivo che aiuti la crescita del sistema economico: aiutare le imprese ad assumere personale per fare in modo che tra tre anni, quando la ripresa sarà (auspicabil­mente) più strutturat­a, non ci sarà più bisogno di incentivi per sostenere l’occupazion­e.

Per ora però il dato che si evidenzia in modo chiaro e netto è quello «psicologic­o»: l’intervento legislativ­o adottato sul mercato del lavoro, ha avuto effetto («meglio di niente» è un giudizio spesso evidenziat­o

Jobs act La riforma ha prodotto una importante regolarizz­azione: il 90% degli assunti era «flessibile» da due anni

nel sondaggio) ma solamente perché ha dato la sensazione che qualcosa può cambiare per gli imprendito­ri e per i lavoratori. Nel senso che ha dato uno «scossone» al mondo del lavoro e quindi può essere considerat­o un buon modo per cominciare ma non certamente sufficient­e ad invertire la rotta della crisi economica.

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