Anticipazione: esce per Mondadori il nuovo libro di Giovanni Sartori Poco pensiero, troppe immagini Ecco perché la democrazia è in affanno
Aleks Danko (Adelaide, 1950), la liberal-democrazia, che è, ecco il punto, il prodotto di un pensiero astratto che capisce senza vedere, diciamo a occhi chiusi.
L’homo sapiens deve tutto il suo sapere alla capacità di astrazione. Le parole che articolano il linguaggio umano sono simboli che evocano anche «rappresentazioni», e cioè richiamano alla mente raffigurazioni, immagini di cose visibili e che abbiamo visto. Ma questo accade soltanto con i nomi propri e con le «parole concrete» (dico così per semplicità espositiva), e cioè con parole come casa, letto, tavola, carne, gatto, moglie e simili; il nostro vocabolario, diciamo, pratico.
Altrimenti, quasi tutto il nostro vocabolario conoscitivo e teoretico consiste di «parole astratte», che non hanno nessun preciso corrispettivo in co-
Nato a Firenze nel 1924, firma di spicco del «Corriere», Giovanni Sartori è un politologo di fama mondiale. Ha insegnato nelle università di Firenze, Stanford, Yale e Harvard se visibili e il cui significato non è riconducibile a — né traducibile in — immagini. Città è ancora «visibile», ma nazione, Stato, sovranità, democrazia, rappresentanza, burocrazia non lo sono: sono concetti astratti, che designano entità costruite dalla nostra mente.
I cosiddetti «primitivi» sono tali perché nel loro linguaggio primeggiano (fabulazione a parte) le parole concrete, il che dà comunicazione, ma pochissime capacità scientifico-conoscitive. E, di fatto, i primitivi sono fermi da millenni al piccolo villaggio e all’organizzazione tribale. Per contro, i popoli avanzati sono tali perché hanno acquisito un linguaggio astratto — che è anche un linguaggio a costruzione logica — che consente la conoscenza analitico-scientifica. Intendiamoci, alcune parole astratte (non tutte) sono traducibili in immagini, ma si tratta sempre di traduzioni che sono soltanto un surrogato infedele e impoverito del concetto che cercano di «visibilizzare».
Dunque, e in sintesi: tutto il sapere dell’homo sapiens si sviluppa nella sfera di un mundus intelligibilis (di concetti, di costrutti mentali) che non è percepito dai sensi. E il punto è questo: la televisione inverte il progredire dal sensibile all’intelligibile e lo rovescia in un ritorno al puro e semplice vedere. La televisione e Internet producono immagini e cancellano i concetti, ma così atrofizzano la capacità di capire.
Ritorniamo alla diade originaria di libertà negativa e libertà positiva, che avevo abbandonato sostituendola con libertà difensiva e libertà distributiva. Quest’ultima, caduta l’ideologia marxista, è attualmente travestita da comodo «globalismo». Per questo, oggi insisto sempre più sulla nozione di «libertà protettiva» o «libertà difensiva».
La partita sarebbe perduta se la libertà protettiva non si fondasse sul principio dell’habeas corpus, intelligibile anche per l’homo videns di oggi, visto che l’immagine è trasparente anche in gergo infantile: « Hai diritto al tuo corpo ». Il che equivale a dire che nessuno ne può disporre «contro la tua volontà e senza il tuo consenso». È il solo diritto solitario, tutto sommato, di cui disponiamo. La mia libertà è condizionata, in vita, dalla libertà dell’altro e deve rispettare la libertà altrui (e viceversa, s’intende). Ma, in morte, dobbiamo essere liberi di morire come vogliamo.
Dunque, la politica è stata una forza a discrezione del più potente (del momento) finché non è stata inventata la liberaldemocrazia. Che, insisto, è il prodotto del pensiero astratto. La partita non è perduta se sapremo contrapporre all’appetito crescente della democrazia distributiva e alla sempre più gonfiata retorica che l’accompagna la democrazia protettiva dell’habeas corpus.