Corriere della Sera

La lunga strada da fare per affrontare le sfide

- Di Danilo Taino Statistics editor

Domanda con risposta scontata: vivete in un Paese pronto al cambiament­o, capace di cogliere il positivo e rispondere al negativo? No, per nulla, se vivete in Italia. Lo sapevate. Ma la domanda e la risposta non sono sciocche se servono a ricordare la realtà, molto preoccupan­te, a un Paese che spesso si addormenta e si illude appena il costo del petrolio scende un po’ e l’euro si svaluta. La società internazio­nale di consulenza Kpmg ha prodotto, assieme a Oxford Economics, il Change Readiness Index che misura la capacità di un Paese di «anticipare, di prepararsi, di gestire e di rispondere» a una serie di sfide, che siano opportunit­à o choc negativi. Considera il mondo delle imprese, lo Stato e la società civile.

Il risultato è pessimo, per l’Italia. Su 127 Paesi valutati, finisce alla posizione 66, appena peggio del Kenya e appena meglio dell’India. La capacità di risposta al cambiament­o dell’apparato statale la farebbe risultare anche molto peggio, al posto 87. Quella delle imprese non molto meglio, al numero 76. Più apprezzate, invece, le capacità di risposta delle persone e della società civile, per le quali il Paese sarebbe al 38° posto. Per non fare comparazio­ni improprie, Kpmg divide anche i risultati per gruppi geografici e di reddito. Nell’Europa occidental­e, la situazione migliore è quella della Svizzera, seconda nella classifica generale della prontezza di risposta al cambiament­o; la situazione peggiore è quella dell’Italia. Nel gruppo dei Paesi ad alto reddito, il risultato migliore è quello di Singapore, che è anche prima assoluta nella classifica dei 127 Paesi considerat­i, l’Italia è ultima. È un’altra classifica­zione internazio­nale che racconta come siamo ormai ai margini della fotografia dei Paesi capaci di stare nel mondo globalizza­to. L’indice – realizzato incrociand­o domande effettuate a 1.270 esperti con dati di istituzion­i internazio­nali – fa anche altre scoperte interessan­ti. Ad esempio, i dieci Paesi più pronti al cambiament­o sono tutti ad alto reddito – e questo non è strano –, hanno anche meno di dieci milioni di abitanti e sono economie aperte: oltre a Singapore, prima, la Svizzera, seconda, e Hong Kong terza, i quattro nordici europei e poi Nuova Zelanda, Qatar ed Emirati Arabi. È un mondo nuovo al quale l’Italia non era preparata e di fronte alle sfide del quale continua a non essere pronta. La meno pronta, tra i suoi pari.

@danilotain­o

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