Copa America, una polveriera: ora sbuca anche il razzismo
Gaffe di Dunga: «A volte mi sento trattato come un africano». E il Cile denuncia 7 giocatori dell’Uruguay
Storia di passione, guerra e vendetta. La Copa America è diventato un drammone, al limite del proibito. A partire da quel gesto di Jara che, con una personale «sfumatura di rojo», appoggia una mano con dito alzato sulle terga di Cavani e poi piomba a terra per la reazione dell’uruguaiano che si limita a un comprensibile rifiuto dell’avance. L’arbitro però vede al contrario, caccia Cavani, perdona Jara e consente al Cile di vincere e conquistare la semifinale. Ma la partita non è finita lì: l’Uruguay chiede alla Federazione sudamericana l’incriminazione di Jara per il gesto e per la simulazione, il Cile risponde denunciando 7 giocatori della Celeste per «evidenti aggressioni e insulti nei confronti del corpo arbitrale e dei giocatori cileni, oltre all’atteggiamento provocatorio verso il pubblico che ha assistito al match al Nacional di Santiago». Nella lista dei cattivi: Diego Godin, Fernando Muslera, José Maria Jimenez, Christian Stuani, Alvaro Gonzalez e i due espulsi, Edinson Cavani e Jorge Fucile.
La rabbia
Edinson Cavani
furibondo dopo il gesto provocatorio
di Jara e l’espulsione per una reazione accentuata dal cileno. Vidal cerca inutilmente di calmare l’uruguaiano (Ap)
Ci mancava Dunga, c.t. del Brasile, che, alla vigilia del quarto di finale contro il Paraguay, si è avventurato in una frase più idiota che razzista: «A volte ho avuto l’impressione di essere un brasiliano di origini africane, per quanti colpi ho ricevuto. È come se la gente vedendomi dicesse: bisogna colpirlo». Per rimediare alla tempesta esplosa sui social, il tecnico
(Ipp) verdeoro si è affrettato a puntualizzare: «Voglio chiedere scusa a tutti coloro che si sono offesi per la mia frase sulle origini africane. Il modo in cui mi sono espresso non riflette i miei sentimenti e le mie opinioni».
Una Copa «maledetta»: comincia Vidal che si schianta con la Ferrari e finisce in manette per eccesso di velocità e di alcol, poi è Neymar a «uscire di strada»: l’asso brasiliano tira una pallonata al colombiano Armero, fomenta una rissa e conclude con un’aggressione all’arbitro nello spogliatoio che vale 4 giornate di squalifica e tanti saluti al torneo. C’è anche il dramma personale di Edi Cavani, al di là delle beffe sul campo, che ieri è andato a trovare il papà Luis in carcere do- po avere investito e ucciso, in stato di ebbrezza, un motociclista diciannovenne. «Sono le ore più complicate della mia vita», ha detto affranto l’ex attaccante di Palermo e Napoli. «Ci dispiace tantissimo per quello che è successo al ragazzo ma ora stiamo cercando di dar forza a mio padre in tutti i modi che possiamo».
In mezzo a questo bailamme, si gioca anche a calcio. Con l’Argentina che raggiunge la semifinale grazie a Tevez, già pronto per il Boca Juniors. Contro la Colombia, il c.t. Tata Martino, con Messi che sbaglia un gol a porta vuota («Quanto devo soffrire per fare un gol con la Nazionale») e Aguero non pervenuto, butta dentro l’Apache nel finale, lui non tocca palla ma — dopo lo 0-0 al 90’ — realizza il 14° rigore, quello decisivo. Tevez riscatta il penalty fallito quattro anni fa contro l’Uruguay che costò l’eliminazione dell’Argentina: «Non è stato facile ma il calcio ti dà l’occasione di vendicarti».