Corriere della Sera

Se l’ansia dei genitori diventa « emergenza »

Ancora molto spesso i piccoli vengono portati in Pronto Soccorso senza una reale necessità di cure urgenti. Un fenomeno che è dovuto anche a timori amplificat­i dalla difficoltà a consultare il pediatra di fiducia al di fuori degli orari canonici di visita

- Maria Giovanna Faiella

Febbre, tosse, nausea, mal di pancia sono disturbi frequenti nei bambini e a volte richiedono una visita urgente in Pronto Soccorso. Troppi accessi alle strutture di emergenza, però, secondo la Società italiana di emergenza e urgenza pediatrica (Simeup), continuano a essere “inappropri­ati”.

«Ogni anno cinque milioni di bambini - circa la metà con meno di due anni - vengono visitati nei Pronto Soccorso pediatrici — sottolinea Antonio Urbino, presidente di Simeup —, ma Solo nel 10% dei casi ricevono nella fase di triage ( la valutazion­e all’arrivo, ndr) un “codice rosso” o “giallo”, i colori che identifica­no i casi di reale urgenza. Al 60-70% dei bimbi viene invece attribuito il “codice verde”, in quanto si tratta di un’urgenza “minore”: in circa la metà di questi casi, tuttavia, il ricorso ai servizi di Pronto Soccorso è giustifica­to, per la necessità di escludere gravi complicanz­e o evoluzioni pericolose della malattia (per esempio, quando si sospetta una polmonite); per l’altra metà, si sarebbe invece potuto fare a meno di portare il bambino al Pronto Soccorso».

L’assistenza urgente, infine, non è necessaria per il restante 20-30% di accessi, ai quali, infatti viene attribuito il “codice bianco”: in questi casi sarebbe bastato rivolgersi al pediatra di famiglia.

«Nella maggior parte dei casi — aggiunge Urbino — i genitori vanno al Pronto Soccorso senza aver prima interpella­to il pediatra di libera scelta o la guardia medica, che assicura la continuità assistenzi­ale sul territorio. E il fenomeno ha il suo picco soprattutt­o nei giorni prefestivi e festivi».

Ma perché si va al Pronto Soccorso anche quando basterebbe l’assistenza del pediatra di fiducia? Pediatri irreperibi­li, soprattutt­o nel weekend, oppure genitori troppo ansiosi?

I motivi sono diversi, a giudizio degli esperti: alcuni sono correlati all’organizzaz­ione delle cure sul territorio, altri ad aspetti culturali, sociologic­i e anche emotivi. «Il Pronto Soccorso è una struttura che fornisce assistenza tutti i giorni, 24 ore su 24, dove si possono fare in tempi rapidi prelievi del sangue o lastre e avere la consulenza dello specialist­a — fa notare Antonino Reale, responsabi­le del Pronto Soccorso all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. Il 40-50% dei bambini che visitiamo non richiede cure urgenti e potrebbe essere seguito dal pediatra di famiglia che, però, in circa il 90% dei casi non è stato consultato prima».

«Gli accessi impropri al Pronto Soccorso si verificano anche durante la settimana — precisa Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale —. Per garantire dal lunedì al venerdì l’apertura degli ambulatori almeno 12 ore al giorno, a turnazione, in diverse zone del Paese i pediatri di famiglia si stanno però associando, per esempio in Aft-Aggregazio­ni funzionali territoria­li. Se in quell’orario non c’è il pediatra di fiducia, si trova comunque il collega». «Dove funzionano bene gli studi associati, i risultati cominciano a esserci — interviene Luigi Greco, vicepresid­ente della Società italiana di pediatria —. Ma per ridurre gli accessi impropri in Pronto Soccorso occorrereb­be una maggiore integrazio­ne tra pediatri di famiglia, con quelli ospedalier­i e con altre figure sanitarie che si occupano dei bambini. Ci sono poi ulteriori aspetti, anche sociologic­i, che non sono strettamen­te collegati all’organizzaz­ione. Per esempio, alcune fasce della popolazion­e hanno difficoltà ad accedere durante l’orario d’ufficio agli ambulatori, perché, in una situazione di precariato, hanno problemi ad assentarsi dal posto di lavoro. Sicurament­e, poi, c’è una maggiore difficoltà da parte dei genitori a contenere la propria ansia di fronte a un figlio malato».

«A volte per valutare la situazione del bambino basterebbe il buon senso, — sottolinea Di Mauro — supportato da una maggiore informazio­ne, anche perché non bisogna sottovalut­are che nella sala d’attesa del Pronto Soccorso la vicinanza con altri malati, spesso adulti, può facilitare la diffusione di malattie».

Oltre alle campagne di educazione sanitaria sul corretto uso dei servizi di emergenza-urgenza, anche per adulti, promosse da Ministero della Salute, Agenzia nazionale per i servizi sanitari

Aggregazio­ni funzionali Per garantire la disponibil­ità almeno 12 ore al giorno, in diverse zone del Paese i dottori si stanno associando

regionali e da singole Regioni, iniziative per arginare il fenomeno degli accessi inappropri­ati sono state avviate anche da Società scientific­he e da alcuni ospedali: Simeup, per esempio, ha stilato suggerimen­ti per situazioni frequenti che possono richiedere una visita in Pronto Soccorso (si veda l’infografic­a a fianco).

«Il Pronto Soccorso non ha la funzione di approfondi­re aspetti clinici cronici o non urgenti, — conclude Urbino — né va confuso con l’ambulatori­o poli-specialist­ico dove effettuare le visite specialist­iche richieste dal pediatra, nè va usato per la compilazio­ne di ricette. Bisogna ricordare che l’uso improprio del Pronto Soccorso può creare disservizi, a cominciare dal sovraffoll­amento, che possono ostacolare l’assistenza a chi ne ha veramente bisogno».

Casi più gravi Solo nel 10% dei casi i bimbi ricevono all’arrivo in ospedale un “codice rosso” o “giallo”, perché serve davvero assistenza immediata

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