Resort e Bardo, gli assalitori addestrati a Sabratha
La stessa cellula libica dietro le stragi in Tunisia
Il killer della strage al resort di Sousse, avvenuta venerdì scorso, si è addestrato in Libia, vicino a Sabratha, probabilmente assieme ad almeno uno dei due jihadisti in azione il 18 marzo al Museo del Bardo. Seifeddine Rezgui per sei mesi è riuscito a mantenersi perfettamente invisibile alle forze dell’antiterrorismo tunisino: tornato dalla Libia, dove era stato addestrato a odiare e a uccidere, ha preparato l’attacco al resort Riu Imperial Marhaba, senza mai tradirsi. Il velo sulle complicità e i legami del giovane studente d’ingegneria è stato alzato dagli investigatori tunisini coadiuvati da una squadra speciale di Scotland Yard.
Per sei mesi è riuscito a mantenersi perfettamente invisibile alle forze dell’antiterrorismo tunisino: tornato con il suo passaporto intonso dalla Libia, dove era stato addestrato a odiare e a uccidere, contemporaneamente ai due jihadisti in azione il 18 marzo al Museo del Bardo, il 23enne Seifeddine Rezgui ha preparato la strage di venerdì scorso al resort Riu Imperial Marhaba di Sousse, senza destare sospetti, senza mai tradirsi nella sua vita quotidiana tra Kairouan e la costa.
Le indagini degli agenti tunisini, coadiuvati da una squadra speciale inviata a Sousse da Scotland Yard, alzano il velo sui legami e sulle possibili complicità del giovane studente d’ingegneria, che si sarebbe fatto plagiare dai reclutatori dell’Isis, o di altre organizzazioni islamiste, come Ansar al-Sharia, fino ad attraversare clandestinamente la frontiera, tra dicembre e gennaio scorsi, per raggiungere un campo di addestramento vicino a Sabratha. I dintorni della città, famosa finora per i suoi resti archeologici di epoca romana, 40 chilometri a ovest di Tripoli, sono diventati le palestre dei combattenti del califfato che annovera tra i suoi ranghi circa tremila tunisini, distribuiti poi sui campi di battaglia in Siria, Iraq e Libia. O tornati in patria.
Stando alle informazioni fornite a Tunisi dal sottosegretario del ministero dell’Interno, Rafik Chelli, a Sabratha Seifeddine ha forse incontrato e fraternizzato con il commando che due mesi più tardi avrebbe assalito i visitatori stranieri del museo di Tunisi, uccidendo 22 persone, prima di essere eliminato dai colpi della polizia. I due attentati contro i turisti risulterebbero, sotto questa nuova luce, pianificati assieme, in una strategia del terrore volta a piegare il pilastro principale dell’economia tunisina.
Il collegamento potrà essere eventualmente confermato dai sette presunti fiancheggiatori, arrestati nelle ultime ore dalla polizia e attualmente sotto interrogatorio. Altri militanti sono ricercati. Di due di loro il governo tunisino ha diffuso volti e generalità: sono Rafik al-Tayary, 28 anni, e Mohammed bin Abdullah bin Mosen al-Shirady, 23. Al momento hanno fatto perdere le loro tracce e si teme siano in giro armati.
Cambia radicalmente, insomma, il profilo tracciato inizialmente dell’ex animatore turistico nei villaggi e ballerino di break-dance, apparso a mezzogiorno di un venerdì di festa, con un kalashnikov mimetizzato in un ombrellone per sterminare gli infedeli occidentali, stesi a prendere il sole in spiaggia e ai bordi della piscina. Non più un lupo solitario e incarognito con gli «infedeli», dunque, ma il kamikaze di una ben organizzata cellula terroristica, che gli ha fornito il supporto logistico necessario e che non ha ancora esaurito tutta la sua potenza di fuoco.
Secondo le autorità, l’assassino non è arrivato dal mare in gommone, come sostenevano alcuni testimoni della strage, ma via terra, su un’utilitaria, in compagnia di qualcun altro. Magari quel fantomatico secondo uomo armato che altri superstiti sostengono di avere visto sulla spiaggia e che sarebbe riuscito a dileguarsi, senza essere intercettato dalle telecamere
A Sabratha Il killer di Sousse si sarebbe recato oltre frontiera, in un campo gestito dagli islamisti L’incontro Nello stesso luogo erano presenti i terroristi pronti a uccidere a Tunisi
di sicurezza di un albergo vicino, il Bellevue. Le stesse che hanno registrato invece la fuga di Seifeddine, i suoi ultimi passi, con l’Ak-47 abbassato lungo un fianco, e la sparatoria finale con la polizia, quando è stato freddato vicino al marciapiede.
Agli inquirenti tunisini si sono affiancati colleghi di vari Paesi, e inglesi in particolare, poiché la Gran Bretagna ha sofferto le perdite maggiori nell’assalto: 25 delle 38 vittime, ancora non tutte identificate ufficialmente. La Tunisia ha chiesto l’aiuto internazionale anche per sorvegliare la sua lunga e porosa frontiera con la Libia e ha già ricevuto dagli Stati Uniti equipaggiamento militare per milioni di dollari.
Il presidente Beji Caid Essebsi ha ammesso falle nel sistema di sicurezza e che nuove misure di protezione erano state previste soltanto a partire da oggi.