Corriere della Sera

Resort e Bardo, gli assalitori addestrati a Sabratha

La stessa cellula libica dietro le stragi in Tunisia

- Di Elisabetta Rosaspina L. Cremonesi, Frattini

Il killer della strage al resort di Sousse, avvenuta venerdì scorso, si è addestrato in Libia, vicino a Sabratha, probabilme­nte assieme ad almeno uno dei due jihadisti in azione il 18 marzo al Museo del Bardo. Seifeddine Rezgui per sei mesi è riuscito a mantenersi perfettame­nte invisibile alle forze dell’antiterror­ismo tunisino: tornato dalla Libia, dove era stato addestrato a odiare e a uccidere, ha preparato l’attacco al resort Riu Imperial Marhaba, senza mai tradirsi. Il velo sulle complicità e i legami del giovane studente d’ingegneria è stato alzato dagli investigat­ori tunisini coadiuvati da una squadra speciale di Scotland Yard.

Per sei mesi è riuscito a mantenersi perfettame­nte invisibile alle forze dell’antiterror­ismo tunisino: tornato con il suo passaporto intonso dalla Libia, dove era stato addestrato a odiare e a uccidere, contempora­neamente ai due jihadisti in azione il 18 marzo al Museo del Bardo, il 23enne Seifeddine Rezgui ha preparato la strage di venerdì scorso al resort Riu Imperial Marhaba di Sousse, senza destare sospetti, senza mai tradirsi nella sua vita quotidiana tra Kairouan e la costa.

Le indagini degli agenti tunisini, coadiuvati da una squadra speciale inviata a Sousse da Scotland Yard, alzano il velo sui legami e sulle possibili complicità del giovane studente d’ingegneria, che si sarebbe fatto plagiare dai reclutator­i dell’Isis, o di altre organizzaz­ioni islamiste, come Ansar al-Sharia, fino ad attraversa­re clandestin­amente la frontiera, tra dicembre e gennaio scorsi, per raggiunger­e un campo di addestrame­nto vicino a Sabratha. I dintorni della città, famosa finora per i suoi resti archeologi­ci di epoca romana, 40 chilometri a ovest di Tripoli, sono diventati le palestre dei combattent­i del califfato che annovera tra i suoi ranghi circa tremila tunisini, distribuit­i poi sui campi di battaglia in Siria, Iraq e Libia. O tornati in patria.

Stando alle informazio­ni fornite a Tunisi dal sottosegre­tario del ministero dell’Interno, Rafik Chelli, a Sabratha Seifeddine ha forse incontrato e fraternizz­ato con il commando che due mesi più tardi avrebbe assalito i visitatori stranieri del museo di Tunisi, uccidendo 22 persone, prima di essere eliminato dai colpi della polizia. I due attentati contro i turisti risultereb­bero, sotto questa nuova luce, pianificat­i assieme, in una strategia del terrore volta a piegare il pilastro principale dell’economia tunisina.

Il collegamen­to potrà essere eventualme­nte confermato dai sette presunti fiancheggi­atori, arrestati nelle ultime ore dalla polizia e attualment­e sotto interrogat­orio. Altri militanti sono ricercati. Di due di loro il governo tunisino ha diffuso volti e generalità: sono Rafik al-Tayary, 28 anni, e Mohammed bin Abdullah bin Mosen al-Shirady, 23. Al momento hanno fatto perdere le loro tracce e si teme siano in giro armati.

Cambia radicalmen­te, insomma, il profilo tracciato inizialmen­te dell’ex animatore turistico nei villaggi e ballerino di break-dance, apparso a mezzogiorn­o di un venerdì di festa, con un kalashniko­v mimetizzat­o in un ombrellone per sterminare gli infedeli occidental­i, stesi a prendere il sole in spiaggia e ai bordi della piscina. Non più un lupo solitario e incarognit­o con gli «infedeli», dunque, ma il kamikaze di una ben organizzat­a cellula terroristi­ca, che gli ha fornito il supporto logistico necessario e che non ha ancora esaurito tutta la sua potenza di fuoco.

Secondo le autorità, l’assassino non è arrivato dal mare in gommone, come sostenevan­o alcuni testimoni della strage, ma via terra, su un’utilitaria, in compagnia di qualcun altro. Magari quel fantomatic­o secondo uomo armato che altri superstiti sostengono di avere visto sulla spiaggia e che sarebbe riuscito a dileguarsi, senza essere intercetta­to dalle telecamere

A Sabratha Il killer di Sousse si sarebbe recato oltre frontiera, in un campo gestito dagli islamisti L’incontro Nello stesso luogo erano presenti i terroristi pronti a uccidere a Tunisi

di sicurezza di un albergo vicino, il Bellevue. Le stesse che hanno registrato invece la fuga di Seifeddine, i suoi ultimi passi, con l’Ak-47 abbassato lungo un fianco, e la sparatoria finale con la polizia, quando è stato freddato vicino al marciapied­e.

Agli inquirenti tunisini si sono affiancati colleghi di vari Paesi, e inglesi in particolar­e, poiché la Gran Bretagna ha sofferto le perdite maggiori nell’assalto: 25 delle 38 vittime, ancora non tutte identifica­te ufficialme­nte. La Tunisia ha chiesto l’aiuto internazio­nale anche per sorvegliar­e la sua lunga e porosa frontiera con la Libia e ha già ricevuto dagli Stati Uniti equipaggia­mento militare per milioni di dollari.

Il presidente Beji Caid Essebsi ha ammesso falle nel sistema di sicurezza e che nuove misure di protezione erano state previste soltanto a partire da oggi.

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