Niente rata a mezzanotte, tra «arretrati» e fallimento
Il piano di salvataggio della Grecia per evitare il default presenta complessità a livello politico e tecnico. Quello politico è forse il più intuitivo, quello tecnico invece intreccia i creditori internazionali (Ue, Bce e Fmi) in un incastro di implicazioni e conseguenze legate al rispetto o meno dei pagamenti da parte di Atene. Comunque il default non è immediato. Cosa vuol dire? Ieri a mezzanotte si sovrapponevano due scadenze: il prestito da 1,55 miliardi di euro del Fondo monetario internazionale alla Grecia e il programma di assistenza finanziaria. La trattativa in corso è sempre stata per sbloccare l’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi (secondo funzionari Ue tecnicamente una parte di quei soldi dalla mezzanotte non esiste più), in questo modo Atene avrebbe potuto ripagare il Fmi. L’esistenza del piano però permetteva anche alla Bce di fornire liquidità di emergenza alle banche elleniche. La Grecia ha annunciato che non pagherà il Fmi e per questo Standard & Poor’s ha tagliato il rating delle maggiori banche greche a «SD» (default selettivo) da «CCC». Il mancato pagamento non fa scattare subito il default, ma mette Atene in una posizione di «arretrato». L’effetto è che il Fmi non può più erogare altri soldi e vi sono conseguenze anche sul fondo salva-Stati Efsf, uno degli strumenti del piano di salvataggio. Tra giugno e agosto Atene deve ripagare 9,3 miliardi, di cui 3,5 alla Bce il 20 luglio, più ci sono le esigenze domestiche e le casse praticamente vuote. A quel punto sarà default.