La cena con gli amici, poi tutti al corteo
mente dal pensiero che si trattava dell’ultimo giorno del programma di salvataggio per la Grecia. Per cinque anni lo abbiamo atteso con ansia, una settimana dopo l’altra. Ma ora che è arrivato, lo salutiamo con il cuore pesante. 30 giugno 2015. In contrasto con il clima consueto in questa stagione, il cielo di Atene è scuro e nuvoloso.
Ieri sera, mentre avevo amici a cena, abbiamo sentito che Fitch ha dato a tutte le banche greche la valutazione restricted default. Non conoscevamo quell’espressione, ad eccezione del più giovane di noi, che di finanza ne capisce. Abbiamo però intuito che non si trattava di una cosa piacevole: nulla di quel che ha a che fare con il termine default lo è. Il giovane amico ci ha gentilmente spiegato che restricted default significa «quasi fallimento». Siamo a cinque minuti dal fallimento. In tempi critici si impara una parola nuova al giorno.
Ero a casa da cinque giorni per una sciatica, tipica malattia professionale dell’intellettuale che trasporta libri da una stanza all’altra. Ma stasera non mi importa. Non posso restare fermo. Non posso non andare, con famiglia
Tsipras senz’altro lo sa. Sa che la sabbia nella clessidra scorre contro di lui, specie ora che il Paese è in default verso il Fondo monetario internazionale e privo della rete del piano di salvataggio (dal quale poteva ricevere ancora 16 miliardi di euro). È per questo che, sotto la superficie della propaganda, qualcosa si muove. Il presidente cipriota Nikos Anastasiades continua una navetta diplomatica fra Tsipras e Merkel, visto che i due da soli faticano a comunicare. E dall’europarlamento arrivano ripetuti sondaggi a Stavros Theodorakis, il leader del partito filoeuropeo “To Potami” (il Fiume), per capire se potrebbe mettere il suo 6% al servizio di una coalizione più moderata guidata da Tsipras stesso. Theodorakis ovviamente vuole, così come anche i socialisti del Pasok: la condizione è che il premier si liberi degli alleati della destra nazionalista e dell’ala sinistra più estremista dentro Syriza. Potrebbe succedere all’indomani di una vittoria del «Sì», sempre che in Grecia qualcosa vada ancora in modo anche vagamente prevedibile. e amici, alla manifestazione al centro di Atene. Dobbiamo essere lì, con tutti gli altri, a gridare ad alta voce, perché il nostro governo ci ascolti: Sì! La Grecia appartiene all’Europa.
Al di là degli sforzi fatti da chi ci governa, non rinunceremo. Non possono togliercela, non i neocomunisti, non i neonazisti, non i folli fanatici della destra nazionalista.
30 giugno 2015. Cercheremo di far fruttare questa buia giornata. Domani andrà meglio. Dovrà andare meglio.
( Traduzione di Maria Sepa)
Il salvataggio «Per cinque anni lo abbiamo atteso con ansia, ora lo salutiamo con il cuore pesante» L’Europa «Al di là degli sforzi fatti da chi ci governa, non possono toglierci l’Europa»